Consigli di web marketing turistico in Puglia

Il turismo in Puglia è una delle linfe vitali di una regione che, con il passare del tempo, acquista maggiore popolarità agli occhi dei turisti. Nei primi otto mesi del 2014 le presenze straniere sono aumentate del 5%.

E allora vogliamo essere all’altezza delle prospettive fortunatamente rosee per il turismo in Puglia?
Siamo pronti?
Mi rivolgo agli operatori turistici pugliesi, proprietari di hotel e strutture ricettive, agenzie di viaggio, tour operator che lavorano in Puglia: il web marketing turistico è imprescindibile!

Perché il web marketing turistico

Il web e i social media influenzano le scelte dei turisti. L’esperienza turistica nasce già dalle prime ricerche effettuate dall’utente che si informa sulla destinazione, legge le recensioni online, valuta i siti web delle strutture ricettive e poi decide di prenotare.
Ma l’esperienza turistica non si esaurisce dopo il viaggio. Il turista colpito dalla Puglia condivide le foto delle sue vacanze sui social media, racconta la propria esperienza vissuta in Puglia agli amici o per professione, come fa un travel blogger.

Pertanto le strategie di web marketing turistico possono far crescere il turismo in Puglia grazie alle possibilità del web.

Sito web ottimizzato

Un sito web professionale è il primo biglietto da visita per conquistare il turista. Struttura semplice e intuitiva, immagini di qualità, layout responsive (cioè compatibile per la visualizzazione su diversi dispositivi) e SEO. Questi sono gli ingredienti tecnici fondamentali ai quali i siti degli operatori turistici pugliesi devono puntare.
I contenuti devono essere accattivanti e finalizzati a soddisfare i bisogni dell’utente che desidera prenotare il suo viaggio in Puglia.

Sito web multilingue

Per attirare un turista straniero, bisogna presentare una versione multilingue del sito. Pertanto hotel, bed and breakfast, agriturismi e masserie pugliesi farebbero bene ad abbandonare traduttori automatici e simili se non vogliono fare una pessima figura. Per essere competitivi è necessario rivolgersi a un traduttore professionista!
Il sito tradotto in più lingue permette di attrarre un bacino di utenti più vasto e conquistare i turisti stranieri in continuo aumento in Puglia.
Allora fatevi trovare preparati con una bella versione multilingue del sito del B&B o della vostra struttura ricettiva.

turismo-pugliaPuntare a un target di nicchia

L’esperienza di viaggio in Puglia da proporre al turista deve puntare a destinatari specifici: il target turistico diventa sempre più di nicchia.
Il turismo in Puglia non è più sinonimo di turismo di massa. Quindi occorre concentrarsi su percorsi specifici e, grazie alle ricchezze della regione, le possibilità sono molteplici: il turismo enogastronomico, il turismo artistico e culturale, il turismo rurale, il turismo religioso, l’ecoturismo, solo per citarne alcuni.

Il segreto è offrire pacchetti turistici e promuovere itinerari specifici sul web, che permettono al turista di scoprire una Puglia che soddisfi le sue aspettative di viaggio, riuscendo a incuriosirlo, conquistarlo e invitarlo a tornare.

Visibilità e passaparola sui social media

Essere presenti sui social media è fondamentale per aumentare la visibilità della propria struttura ricettiva. È un fattore che migliora il posizionamento del sito web sui motori di ricerca: se un hotel o un B&B pugliese è attivo e piuttosto popolare su vari profili social, riesce a migliorare la propria SEO.
Ma bisogna evitare di commettere errori sui social media e imparare a utilizzare adeguatamente Google+.

Aprire una pagina Google+ Local consente di ottimizzare ulteriormente il sito grazie alla geolocalizzazione, che permette al turista di trovare più facilmente tutte le informazioni di cui necessita e decidere quindi di prenotare la sua vacanza in Puglia.

Utilizzando i social media è possibile creare una community, fidelizzare l’utente che, se opportunamente coinvolto dalle attrattive pugliesi descritte, si trasformerà in cliente. Quindi bisogna interagire con l’utente, invitarlo a dire la sua, a raccontare la sua esperienza in Puglia. E questo genera maggiori condivisioni che fanno aumentare la popolarità e innescano il passaparola.

Il blog e lo storytelling

Il blog è uno strumento che offre innumerevoli possibilità nel web marketing turistico e, purtroppo, poco utilizzato per promuovere il turismo in Puglia.
Con il blog è possibile raccontare il territorio, gli eventi, gli itinerari, le tradizioni culturali, l’enogastronomia pugliese; ma anche la storia e i retroscena della struttura ricettiva (pensate alle possibilità di una masseria!), offrendo un volto umano al turista, che si sente accolto da un contesto familiare e caloroso grazie alla lettura di interessanti contenuti presenti sul blog.

Se gli operatori turistici non hanno il tempo e le competenze per curare un blog, possono affidarsi ai Web Writer, i professionisti della scrittura del web.

Il blog consente di aggiornare il sito con continuità, migliorando il posizionamento su Google e intercettando il turista alla ricerca di contenuti che lo invitino a scoprire la Puglia in prima persona: attratto dalle ricchezze pugliesi raccontante, il turista sarà portato a fare quel clic e prenotare il suo soggiorno in Puglia.

Fare rete

Per dare un ottimo slancio di promozione turistica della Puglia, resta una risorsa da esplorare: la cooperazione.
Se il proprietario di una struttura ricettiva si limita a coltivare il proprio orticello, non crescerà più di tanto. Bisogna cercare la collaborazione, promuovere iniziative in comune. Enti locali, associazioni, operatori turistici, ristoratori e titolari di B&B, agriturismi e masserie dovrebbero fare rete e lavorare insieme a progetti di valore per il turista e il territorio.

Dunque al lavoro!

7 cose da non dire a un traduttore freelance

1. Il traduttore e l’interprete sono la stessa cosa.

No. Sono due professioni diverse per le quali sono richieste competenze diverse. È vero che molti traduttori lavorano anche come interpreti e viceversa, ma non è detto che sia sempre così.
Ripeti con me: il traduttore scrive, l’interprete parla.
È chiara la differenza elementare?

2. Conosco un’altra lingua, quindi posso fare il traduttore.

Saper parlare una lingua non significa saper tradurre. Il professor François Grosjean ha detto:

Non basta avere due mani per essere un buon pianista, così come non basta sapere due lingue per essere un buon ‪traduttore‬ e interprete.‬

3. Come si dice questo in inglese? Che significa questa parola?

Il traduttore non è un vocabolario vivente!
Il traduttore freelance non ha ingerito il dizionario, né imparato a memoria ogni singola parola di una lingua straniera, così come un italiano non conosce ogni parola esistente della lingua italiana. Mi sai dire che cosa significa sicumera?

4. Basta che sai la lingua, non importa conoscere l’argomento.

E invece è essenziale che il traduttore conosca l’argomento del testo da tradurre per svolgere un lavoro ottimale. Se il traduttore è esperto di un determinato argomento, buona parte della terminologia è già acquisita, quindi traduce più rapidamente e a un prezzo più economico, perché il lavoro di ricerca e documentazione richiede un numero di ore inferiore rispetto alle tempistiche necessarie per un traduttore che ignora l’argomento del testo di partenza.

5. Traduci da casa? Ma è un lavoro?

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6. Conosci soltanto tre lingue?

Tre è un numero decisamente ragionevole. Non perché three is a magic number, ma perché è meglio diffidare di qualcuno che dice di parlare un numero esagerato di lingue straniere. Quanto è approfondita la sua conoscenza di queste sei-sette-otto lingue?

7. Non sopporto i traduttori simultanei della tv.

Peccato che i traduttori simultanei non esistono. Sono interpreti. E ciò che fanno si chiama interpretazione simultanea, non traduzione.

Di certo esistono altri luoghi comuni e frasi che fanno indispettire un traduttore freelance… collega traduttore, che cosa aggiungeresti in base alla tua esperienza?

Elogio della follia… del freelance

Caro freelance, che ne diresti di fare i conti con la tua follia?

Non c’è niente di offensivo in queste parole, ma prendo in prestito l’espressione di Erasmo da Rotterdam per applicarla a te.

Perché definire folle un freelance?
Per tanti motivi. La nostra follia è ammirevole, sia chiaro. Lo stesso Steve Jobs ci invitava a essere folli, ad abbracciare quella scintilla di creatività, di apertura mentale, di curiosità verso il mondo, di spirito di iniziativa destinato a concretizzare un’idea. Proprio ciò che dovrebbe stare alla base della vita da freelance, cioè un piano concreto, un progetto professionale, obiettivi chiari e spirito imprenditoriale: e poi via, il mondo del lavoro ci aspetta!

Aziende, istituzioni, enti, agenzie, organizzazioni e privati hanno bisogno delle nostre competenze. Siamo una categoria professionale in aumento in tutto il mondo. Pensa che soltanto negli Stati Uniti i lavoratori freelance sono circa 42 milioni.

E in Italia?

Programmatori, consulenti, traduttori, web designer, web writer… siamo in tanti, siamo il lavoro del futuro visto che il posto fisso sta scomparendo, eppure nel nostro Paese veniamo considerati quasi dei matti per la nostra iniziativa imprenditoriale.

Perché aprire la Partita IVA se la maggior parte di quanto guadagni andrà via in imposte e contributi? Perché cerchi di trasformare la tua passione in un lavoro in un Paese dove “lavoro” è sinonimo di noia e peso inevitabile da portare sulle spalle per vivere (anzi, sopravvivere)?

Non basta essere considerati lavoratori di serie B da familiari/parenti/amici che non capiscono cosa significhi essere freelance e ti vedono smanettare al computer senza capire che lavoro fai.
E che parlano di te a terzi senza definire chiaramente la tua professione, perché l’unica frase che sanno concepire somiglia a “lavora al computer” o “lavora a casa”.

E tu, freelance esausto di dover spiegare sempre le stesse cose, di far capire che il tuo è un lavoro anche se non affitti il cervello in un ufficio per otto ore al giorno, ma lavori da casa, ti senti abbattuto e frustrato.

La nostra è una categoria di lavoratori non riconosciuta dalle istituzioni, non tutelata e oppressa da aumenti contributivi e fiscali, eppure siamo freelance.

Dobbiamo cercare clienti ogni giorno, lavorare il più possibile per guadagnare, promuovere la nostra attività, sollecitare il saldo delle fatture, fare i conti con i pregiudizi sul nostro lavoro freelance. Ma non dobbiamo lasciarci abbattere da chi ci chiede quando troveremo “un vero lavoro”.

Quindi la tua follia è quella passione alla base di ciò che fai, la tua determinazione a raggiungere gli obiettivi, il coraggio di pensare fuori dagli schemi ed essere anticonformista nella vita e sul lavoro. Perché essere freelance è uno stile di vita.

E l’elogio della follia del freelance è proprio questo: un incoraggiamento, malgrado tutto, ad andare avanti.

Che cosa rende attraente una lingua straniera?

Esistono motivi personali e scientifici alla base delle nostre preferenze per una lingua straniera. Ma cosa prevale in realtà tra ragione e sentimento?

Adoro l’inglese e il francese da sempre, tanto da scegliere la traduzione come attività professionale che mi permette di impiegare queste lingue di lavoro insieme all’italiano. Però ammetto di prediligere l’accento, lo spelling, la pronuncia e il vocabolario britannico rispetto all’equivalente americano.
La mia passione per l’inglese britannico ha ragioni soggettive? Tra i tanti fattori possibili, potrebbe essere una conseguenza della smodata ammirazione che nutro per le produzioni della BBC… ma è davvero così?

Di certo l’esperienza personale influisce sulla predilezione per una lingua straniera.

Inoltre un’associazione mentale può avere un impatto negativo nei confronti di una lingua.
Esempio: un ascoltatore superficiale non sopporta la lingua tedesca perché, purtroppo, la associa al nazismo e considera questa lingua come simbolo di asprezza, rigidità, atteggiamento inflessibile. Invece il tedesco è la lingua romantica per eccellenza, visto che il Romanticismo ha radici profondamente tedesche.

Eppure una lingua appare più o meno attraente per ragioni non del tutto soggettive. Secondo gli studi della sociolinguistica, esistono fattori rigorosi alla base:

  • Se una lingua è ampiamente diffusa (come l’inglese), tendiamo a preferirla a una lingua minore utilizzata da una piccola comunità.
  • Lo status politico, economico, culturale e sociale di un Paese influisce sulle nostre preferenze.
  • Se abbiamo una percezione positiva di una determinata comunità linguistica, allora tendiamo ad apprezzare maggiormente la lingua di tale comunità.

E le nostre impressioni prettamente personali?
Credo che il suono, la musicalità, l’armonia e la familiarità di una lingua abbiano una certa influenza soggettiva. Ognuno di noi preferisce una lingua rispetto a un’altra per ragioni individuali e difficili da razionalizzare, ma che forse sono legate alla sfera emotiva, alle esperienze vissute in prima persona, alle associazioni mentali ispirate da una lingua straniera.

Tuttavia è difficile distinguere tra i fattori che prevalgono nelle nostre preferenze: “ragione e sentimento” sono equamente coinvolti.

Spero che queste parole ti abbiano indotto a riflettere sulle tue percezioni personali.
Perché preferisci una lingua straniera piuttosto che un’altra? Riesci a individuare i motivi alla base delle tue preferenze?

Aspetto la tua opinione. 😉

Perché celebrare la Giornata Mondiale della Traduzione

Le origini della festa

Il 30 settembre si celebra la festa di San Girolamo (o Gerolamo), santo protettore dei traduttori. San Girolamo, morto il 30 settembre 420, fu infatti un ottimo traduttore. A lui si deve la Vulgata, la prima traduzione completa in latino della Bibbia a partire dal testo in greco ed ebraico.

Rifacendosi agli insegnamenti di Cicerone e Orazio, San Girolamo adottò un approccio decisamente moderno nei confronti della traduzione:

Non rendo la parola con la parola, ma il senso con il senso.

Questo è l’approccio che denota la professionalità del traduttore. La traduzione non è la semplice sostituzione di parole, ma consiste nel trasferire il significato, le sfumature linguistiche e culturali del messaggio originale. La traduzione è l’esatto trasferimento del testo da una lingua all’altra, che richiede una sensibilità del tutto umana.

La traduzione e la vita

Traduco, ergo sumusCome Cartesio e il suo “Cogito, ergo sum” (Penso, dunque sono) e la rielaborazione filosofica di Camus con la massima “Je me révolte, donc nous sommes” (Mi rivolto, dunque siamo), propongo questo motto:

Traduco, ergo sumus.
Traduco, dunque siamo.

Senza il traduttore professionista, il mondo della comunicazione non esisterebbe. E il motivo è molto semplice.

Il lavoro del traduttore contribuisce all’esistenza di ognuno di noi. È un’impresa che, anche se svolta in relativa solitudine, influisce sul mondo intero.
Senza il traduttore professionista non conosceresti il cinema internazionale, non vedresti film, serie televisive, documentari provenienti da tutto il mondo; non leggeresti il 90% di libri, articoli, giornali, riviste; non compreresti prodotti provenienti da aziende estere; non avresti accesso a innumerevoli servizi; non potresti internazionalizzare la tua azienda; non saresti in grado di far funzionare un dispositivo o un macchinario senza le istruzioni d’uso.

La traduzione è implicata in ogni momento della nostra quotidianità. Possiamo accedere con facilità a notizie, interviste, dibattiti culturali, programmi, letture, pubblicità, acquisti, che sarebbero invece inaccessibili senza la mediazione linguistica e culturale.

Quindi esistiamo anche grazie ai traduttori, figure professionali che spesso rimangono dietro le quinte, ma che di fatto rendono possibile la vita di tutti.

Senza un traduttore non avresti mai letto il tuo libro preferito, né visto il tuo film irrinunciabile né potresti utilizzare il prodotto di cui non puoi fare a meno.

Perché celebrare la Giornata Mondiale della Traduzione?
Perché è giusto, almeno un giorno all’anno, ricordare l’importanza della traduzione nella nostra vita, esserne consapevoli e ringraziare quei professionisti che rendono tale la nostra esistenza con il loro lavoro.

Traduco, ergo sumus.

Localizzazione e cinema: il caso dei remake

 

Che cos’è la localizzazione? Cosa c’è in comune tra la localizzazione e il cinema?

Chi non ha una particolare familiarità con l’industria della traduzione non sa in cosa consiste la localizzazione.

Localizzare significa adattare un testo, un prodotto o un sito web alle esigenze di un’altra cultura. Il prodotto localizzato è quindi destinato alla cultura di arrivo attraverso un processo di adattamento delle differenze culturali.

Un film può essere localizzato?
Sì. È il caso dei remake, quegli adattamenti cinematografici che differiscono per la nazionalità tra il film originale e il suo rifacimento. Il film originale può essere ad esempio danese (Non desiderare la donna d’altri di Susanne Bier) e poi adattato a un pubblico americano (Brothers di Jim Sheridan con Natalie Portman, Tobey Maguire e Jake Gyllenhaal).

Il fenomeno della localizzazione riguarda anche il cinema. Molti remake non sono semplicemente rifacimenti di film datati – classici e non – per attualizzare una storia a un pubblico diverso, come nel caso di Sabrina di Billy Wilder (1954) e il suo remake del 1995 diretto da Sydney Pollack; oppure Jane Eyre di Franco Zeffirelli (1996) e la sua versione più recente del 2011.

Spesso i remake consistono nell’adattamento di un film a una cultura specifica. Cambia il target e allora si adatta il prodotto cinematografico al pubblico di una cultura diversa, rendendolo accessibile a un maggior numero di spettatori che differiscono per gusti, usi, preferenze, conoscenza della settima arte rispetto al pubblico di riferimento del film originale.

Tra i casi più noti c’è The Departed di Martin Scorsese. Vincitore di quattro premi Oscar, la pellicola di Scorsese è tra le più acclamate degli ultimi anni. Ma non tutti sanno che questo film del 2006 è in realtà il remake di Infernal Affairs, film asiatico del 2002 con Andy Lau e Tony Leung. Anche se il film di Hong Kong ha riscosso un grandioso successo di critica, il suo potenziale di esportazione era limitato a un pubblico cinefilo.
Così Hollywood ha optato per una tendenza molto diffusa nel cinema americano: il remake di film di diversa nazionalità. E The Departed esercitava il suo appeal sul grande pubblico già a partire dall’illustre regista e dai nomi altisonanti del cast – Leonardo DiCaprio, Matt Damon e Jack Nicholson – fino al successo culminato agli Academy Awards.

per-un-pugno-di-dollariUn altro esempio prestigioso di remake in questo senso è un classico del cinema, Per un pugno di dollari (1964). Il film di Sergio Leone è infatti l’adattamento in salsa spaghetti western di Yojimbo di Akira Kurosawa (1961) che, benché sia stata una pellicola di grande influenza per la settima arte, ha valicato i confini del Giappone e consolidato il suo prestigio grazie al remake diretto da Leone. E sappiamo tutti quanto Per un pugno di dollari sia stato fondamentale nella consacrazione della leggenda di Clint Eastwood.

Non mancano tuttavia esempi di remake americani di dubbia necessità, come The Next Three Days (2010) di Paul Haggis con Russell Crowe ed Elizabeth Banks, tratto dal thriller francese Pour Elle, debutto alla regia di Fred Cavayé con Vincent Lindon e Diane Kruger.
Spesso Hollywood non resiste alla tentazione di adattare film ben riusciti in prodotti che puntano a un ampio target, sacrificando spesso la qualità e adottando una strategia di globalizzazione. Un esempio fra i tanti: Anthony Zimmer con Yvan Attal e Sophie Marceau proposto in un remake che mirava al successo di massa grazie ai nomi di Johnny Depp e Angelina Jolie (il mediocre The Tourist).

La localizzazione al cinema offre risultati eterogenei, che spaziano da remake decisamente non necessari a pellicole di assoluto pregio che contribuiscono ad alimentare la qualità della settima arte.

C’è un altro remake che merita di essere menzionato in questa categoria? Quali altri film aggiungeresti a questi esempi?

Londra e il teatro, una combinazione memorabile

 

Londra, settembre 2014. Pochi giorni nella capitale londinese vissuti intensamente in compagnia di persone straordinarie.

Londra è una delle città più belle del mondo e su questo non si discute. Ma oltre alle tappe immancabili percorse dai turisti, la capitale inglese può essere vissuta in modo personalizzato, riservando gradite sorprese e regalando emozioni indimenticabili.

Per noi è stato così. In compagnia di tre amiche, abbiamo programmato un tour per visitare i luoghi in cui sono ambientate alcune delle nostre comuni passioni, tra cui Sherlock. E fra Baker Street e i luoghi delle riprese della serie della BBC (inclusa la scena cult all’esterno del St Bartholomew’s Hospital), ogni momento è stato semplicemente entusiasmante.

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Richard III con Martin Freeman

Giunte a Trafalgar Square ricordiamo all’improvviso che, a pochi passi dalla piazza, c’è Richard III a teatro con Martin Freeman. E tentiamo la sorte, per via dei pochissimi posti disponibili, riuscendo a comprare i biglietti per lo spettacolo della sera.

Lo spettacolo è stato fenomenale, con un’impostazione scenografica, sonora e artistica decisamente inedite. Conoscendo Martin Freeman soprattutto nelle vesti di John Watson e Bilbo Baggins, vederlo nei panni di Riccardo III – ambizioso, manipolatore, solo, crudele e impaziente – è stata una rivelazione, un tripudio di talento. Così come il resto dello straordinario cast.

In pochi minuti ci siamo rese conto che il teatro londinese è un’esperienza da vivere. E due sere dopo ci aspettava lo spettacolo tanto atteso, The Crucible (Il Crogiuolo) di Arthur Miller all’Old Vic.

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The Crucible con Richard Armitage

The Crucible è un assoluto capolavoro, l’essenza della potenza del teatro. L’opera di Miller è già un testo strepitoso a prescindere, ma la regia, le suggestioni musicali, la luce, la scenografia e gli attori in scena hanno creato una combinazione tale da indurmi a considerare quelle tre ore e mezza di spettacolo una delle esperienze totalizzanti della vita.

Richard Armitage sul palco rivela un talento portentoso che supera persino l’intensità e il carisma che sprigiona sul grande e sul piccolo schermo. E tutti gli attori del cast, dalla ragazzina più giovane all’attore più anziano, hanno regalato delle performance straordinarie.

the-crucible-old-vicAlla fine dello spettacolo, dopo aver pianto tutte le lacrime, abbiamo chiacchierato con Jack Ellis, il quale ci ha rivelato che esiste una possibilità di vedere The Crucible in Italia.

Infatti il 13 settembre è stato l’ultimo giorno di rappresentazione all’Old Vic e il successo dell’opera a Londra è stato tale che probabilmente realizzeranno un tour mondiale. Al momento stanno esaminando le città da prendere in considerazione per il tour. Roma è una di queste. Affinché ciò avvenga, dobbiamo diffondere la voce e creare una certa attesa.

Te lo assicuro. Vedere The Crucible a Roma sarebbe un’esperienza memorabile.

Confido in questa possibilità e nel frattempo continuo a sognare e a custodire nel cuore le emozioni che mi ha regalato il teatro inglese.

Resta una certezza inconfutabile per i prossimi viaggi a Londra: una tappa in teatro sarà immancabile.

Motivazione: 10 frasi per ripartire alla grande

 

Un po’ di motivazione non fa mai male. Se le vacanze si sono concluse e ormai pensi all’estate con nostalgia, hai bisogno di ricaricarti per affrontare il lavoro con spirito positivo.

Oppure stai attraversando un periodo nero, sei demoralizzato perché non stai ottenendo i risultati che ti aspettavi, o gli obiettivi da raggiungere ti sembrano troppo lontani.

Nel mio piccolo mi piacerebbe aiutarti.

Allora dai un’occhiata a queste frasi motivazionali. Ogni volta che ti senti giù, non lasciarti abbattere dallo sconforto. Apri nuovamente questa pagina per trovare la tua ispirazione in queste citazioni, rileggile, scrivile da qualche parte.

E ricorda che la motivazione è alla base di tutto ciò che fai.

  1. Tutto sembra sempre impossibile finché non si fa. Nelson Mandela
  2. Le opportunità di solito sono travestite da duro lavoro, così molti non le riconoscono. Ann Landers
  3. È la curiosità che mi fa svegliare alla mattina. Federico Fellini
  4. L’energia e la persistenza conquistano tutte le cose. Benjamin Franklin
  5. Il nostro merito più grande non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarci ogni volta che cadiamo. Ralph Waldo Emerson
  6. Il successo è l’abilità di passare da un fallimento all’altro senza perdere l’entusiasmo. Winston Churchill
  7. Non importa se vai piano, l’importante è che non ti fermi. Confucio
  8. Fai quello che puoi, nel luogo in cui sei, con quello che hai. Teddy Roosevelt
  9. Il futuro dipende da ciò che facciamo nel presente. Gandhi
  10. Qualunque cosa tu possa fare, qualunque sogno tu possa sognare, comincia. L’audacia reca in sé genialità, magia e forza. Comincia ora. Johann Wolfgang von Goethe

Spero che questa lista possa esserti d’aiuto. Se ti va, puoi aggiungere questa pagina ai preferiti e rileggerla quando vuoi per ripartire alla grande.

Quale citazione preferisci? Vorresti suggerirne un’altra?

Il segreto per imparare una lingua straniera

 

C’è un metodo infallibile per imparare una lingua straniera? In realtà non sto per svelarti il mistero del secolo.

Probabilmente è una verità che conosci già da sempre, in modo più o meno consapevole. Ti appare forse scontata, invece è tutt’altro che banale.

Il segreto per imparare una lingua straniera è molto semplice: avere l’atteggiamento giusto.

Se ti approcci alla lingua straniera con un atteggiamento negativo, pensi di non farcela e non ti senti all’altezza dell’impresa, allora il tuo tentativo di imparare la lingua non approderà a nessun risultato.

Infatti mentre ascolti qualcuno che parla la lingua straniera, non riesci a concentrarti sulle parole e sul senso perché nella tua testa si ripete un incessante “Non capisco niente!”. Oppure provi a leggere un testo e vai in crisi: vedi un insieme di parole a te sconosciute e pensi di non conoscerne il significato, quindi non capirai nulla.

Per non parlare di quando devi utilizzare attivamente la lingua straniera. Panico: non riesci a scrivere una semplice frase (troppi dubbi sulla grammatica!) o hai paura di parlare la lingua e fare erroracci.

Allora perché provarci? Forse imparare la lingua è uno sforzo inutile, giusto?
Sbagliato.

C’è una soluzione a tutto questo.
Devi cambiare il tuo atteggiamento.

Affidati alla tua motivazione. Perché vuoi imparare la lingua?
Focalizza il reale motivo alla base dell’impresa. Vuoi acquisire competenze linguistiche da impiegare sul lavoro, sentirti più sicuro quando viaggi all’estero, leggere risorse in lingua straniera altrimenti inaccessibili, conoscere persone di un’altra cultura, capire le canzoni straniere senza cantare versi senza senso…
I motivi per imparare una lingua straniera sono molteplici. Concentrati sulle tue ragioni personali e tienile sempre a mente quando temi di non farcela.

Imparare una lingua straniera è anche una sfida. Puoi sfidare i limiti che pensi di avere e smentire quella voce dentro di te che ti induce a buttarti giù. Sfida te stesso, reagisci con apertura mentale e curiosità, impara e cerca di sfruttare subito quanto hai appreso. Non limitarti alla teoria, cerca le occasioni pratiche.

Non avere paura di sbagliare. Al contrario, è grazie all’errore che riesci a memorizzare una parola, una regola di grammatica, un significato. L’errore è la base dell’apprendimento.

E ricorda che nessuno ha il diritto di giudicare i tuoi tentativi. Quindi non devi temere il giudizio degli altri, ma metterti alla prova e abbandonare pensieri quali “sono troppo vecchio per imparare” o “non sono portato per le lingue”.

Prova a eliminare il blocco mentale mettendo in pratica questi consigli quando ti approcci a una lingua straniera. È una tattica che funziona?

Viaggi: le regole del galateo a tavola nel mondo

 

Quando viaggi non devi sottovalutare l’importanza dell’etichetta a tavola. Ogni cultura ha le proprie regole sulla postura e la consumazione dei pasti. Imparale e mettile in pratica per non fare brutta figura quando mangi o bevi durante un soggiorno all’estero.

Infatti le abitudini a tavola variano da un Paese all’altro ed è sempre preferibile conoscere alcune regole per evitare momenti di imbarazzo o mancare di rispetto all’altra cultura.

Ecco una lista di regole del galateo a tavola nel mondo.

Viaggi: cosa non fare a tavola
  • Non incrociare le bacchette in Cina e Giappone.
  • Usa solo la mano destra per mangiare in India, Medio Oriente e alcune parti dell’Africa. La mano sinistra è considerata impura.
  • Non parlare di soldi in Francia.
  • Usa sempre le posate e non toccare il cibo con le mani in Brasile e Cile.
  • Non chiedere sale e pepe in Portogallo. La richiesta è considerata un’offesa al condimento fatto dal cuoco.
  • Non tenere le mani poggiate in grembo in Russia.
Viaggi: cosa fare a tavola
  • Condividi il pasto in Etiopia. Non esiste un piatto singolo perché un pasto individuale è considerato una strana usanza.
  • In Giappone riempi il bicchiere del tuo vicino e aspetta che il tuo venga riempito da un altro commensale.
  • Lascia un po’ di avanzi nel piatto in Cina. Così dimostri di aver apprezzato il pasto e di aver gustato la quantità giusta di cibo.
  • In Messico mangia con le mani invece di usare le posate.
  • Offriti di pagare per intero il conto in Francia o aspetta che lo faccia qualcun altro. Dividere il conto è considerato poco educato.
Hai partecipato a un pasto particolare quando eri in vacanza all’estero? Hai qualche esperienza curiosa da condividere sulle abitudini a tavola in altri paesi?