Chi non si fida dei freelance?

Finalmente Sherlock è tornato!

Il 2017 è iniziato con l’attesissimo ritorno dalla serie della BBC. Sherlock è tornato anche in Italia, perché è disponibile su Netflix quasi in contemporanea con l’Inghilterra.

Dopo il magnifico The Abominable Bride (La Sposa Abominevole) dello scorso anno, la quarta stagione è iniziata con l’episodio sconvolgente The Six Thatchers.

Niente paura: questo post non contiene spoiler su ciò che accade nella puntata e di cui si chiacchiera ovunque.

Dopo essermi asciugata le lacrime per gli eventi devastanti dell’episodio, mi soffermo a mente fredda su un elemento che, da brava freelance, ha attirato la mia attenzione dal punto di vista professionale più che da fan.

In una scena tra i fratelli Holmes, Sherlock e Mycroft si confrontano su un acronimo da decifrare che ha a che fare con un team di agenti segreti freelance, dei mercenari che diventano killer a seconda degli ingaggi.

“Freelancers are too woolly, too messy. I don't like loose ends.” Mycroft Holmes

“Freelancers are too woolly, too messy. I don’t like loose ends.”
Mycroft Holmes

Mycroft esprime il proprio scetticismo nei confronti di questa categoria e ne prende le distanze, non tanto in quanto assassini, bensì come freelance, che definisce confusi e disorganizzati.

Questo aspetto mi ha fatto sorridere, perché ho riflettuto sulla diffidenza diffusa nei confronti di questa figura professionale: un libero professionista che si tende a considerare con circospezione, un misto di confusione e apprensione legato alla difficoltà di comprendere la professione esercitata e al suo status di lavoratore indipendente.

Nulla di tutto questo riguarda Sherlock, beninteso, bensì la nostra realtà, in cui il freelance è generalmente considerato un lavoratore atipico.

È facile rendersi conto di una cosa: la fiducia è alla base di tutto. Nulla può andare a buon fine se non c’è fiducia tra il freelance e il cliente che gli commissiona un lavoro.

Di recente una cliente mi ha scritto per gli auguri di fine anno e fra le sue bellissime parole c’era anche questo: “So che posso contare su di te e la tua disponibilità è per me davvero rassicurante”.

Fidarsi del cliente è tanto indispensabile per il freelance quanto il contrario. Sapere di lavorare bene insieme, essere certo della qualità del lavoro svolto dal freelance, non dubitare che il saldo della fattura arriverà: sono soltanto alcuni aspetti che caratterizzano un rapporto di fiducia reciproca.

Naturalmente gli imprevisti succedono, ma una cosa è certa: non bisogna chiudere il canale di comunicazione. Occorre confrontarsi sempre e comunque, perché una proficua collaborazione va a vantaggio di entrambe le parti.

8 desideri di un traduttore freelance per Natale

Con l’arrivo del Natale e della fine dell’anno, tendiamo a fare un bilancio dei mesi passati sia sul piano personale sia su quello professionale.

Ti capiterà di leggere un po’ ovunque la lista dei propositi per l’anno nuovo, un modo di mettere per iscritto i propri obiettivi al fine di realizzarli.
Ma poi… chi si affanna a trascrivere i nuovi propositi, torna a rileggere la lista per verificare il raggiungimento degli obiettivi prefissati?

Una cosa è certa: un desiderio generico non si tradurrà automaticamente nel risultato sperato. Bisogna visualizzarlo e renderlo misurabile, circoscriverlo, esprimerlo in modo specifico e dettagliato.

Un esempio?
Se vuoi un fatturato più alto per la tua attività, tendi a pensare: “vorrei guadagnare di più”. Invece prova a dire “devo aumentare il fatturato di (*) euro”. Cioè: stabilisci una cifra. E poi datti da fare per realizzare l’obiettivo.

Sono tanti i desideri di un traduttore freelance: aspirazioni, sogni, obiettivi, ambizioni che si sovrappongono nella sua mente.

Ecco una breve (!) lista di desideri che il traduttore freelance vorrebbe realizzare. Magari la magia del Natale farà la sua parte…

  1. Ricevere una risposta alle email inviate ai potenziali clienti.
  2. Non avere problemi e bug al computer, alla connessione e al CAT tool.
  3. Trovare più clienti.
  4. Preparare preventivi che vengono confermati dai potenziali clienti.
  5. Avere un flusso di lavoro stabile.
  6. Ricevere puntualmente il saldo delle fatture da parte dei clienti.
  7. Gestire le consegne e le scadenze fiscali con più tranquillità.
  8. Vedere che gli altri hanno una maggiore consapevolezza del tuo lavoro.

Come vedi, si tratta di desideri piuttosto generici che accomunano un po’ tutti i traduttori.
Ma non credere che Babbo Natale li nasconda nel suo sacco e te li farà trovare sotto l’albero…

Wish for it. Work for it.

Come dice Enrica Crivello, sperare non basta. Bisogna agire.
Perché un grande spoiler ti attende al varco: se rileggi attentamente la lista, ti accorgerai che gran parte di questi desideri dipende da te, dal tuo atteggiamento, da ciò che fai in prima persona.
Nessuno può realizzare i tuoi obiettivi al tuo posto, né Yoda e neppure Babbo Natale.

Un sollecito di pagamento, una email di follow up, una telefonata al cliente, una conversazione con le persone a te vicine per spiegare (anche per l’ennesima volta!) in cosa consiste il tuo lavoro: sono piccoli gesti importanti che devi fare tu.

"Sempre per te non può essere fatto." (Yoda)

“Sempre per te non può essere fatto.” (Yoda)

 

Quali sono i tuoi desideri per Natale? Che cosa desideri trovare sotto l’albero?
E cosa aggiungeresti a questa lista?

3 consigli per l’email marketing multilingue

Nonostante la popolarità dei social media, l’email marketing resta uno strumento molto efficace per convincere gli utenti che ricevono messaggi commerciali ad acquistare i servizi e prodotti proposti nella email.

Le email di massa, indifferenziate e molto frequenti continuano a suscitare diffidenza e a essere considerate come posta indesiderata, perché urlano il messaggio “vendere, vendere, vendere!” suscitando l’effetto opposto a quello desiderato.

Ma una strategia oculata di email marketing può essere di successo se i messaggi promozionali sono personalizzati in base ai destinatari.

Consideriamo l’email marketing multilingue.
Un’azienda adotta questo approccio per inviare messaggi commerciali a utenti web al di fuori dei confini nazionali al fine di consolidare il suo processo di internazionalizzazione.

Un elemento appare scontato: il contenuto deve essere tradotto, altrimenti l’iniziativa è inutile. Quindi un’azienda italiana non può inviare una newsletter in italiano a utenti che parlano lingue diverse e pretendere un riscontro positivo con conseguente acquisto da parte dell’utente.

1. Scegli il tuo target

I visitatori del tuo sito web non sono soltanto della tua nazionalità, ma anche utenti stranieri che vivono in altri Paesi e parlano altre lingue. Puoi scoprirlo analizzando su Google Analytics le statistiche delle visite del tuo sito: ricaverai informazioni sulla lingua degli utenti, la loro provenienza geografica e le pagine visitate.

Quando ti rendi conto che i visitatori del tuo sito vivono anche all’estero, capisci che una campagna di email marketing deve considerare il fattore linguistico. Allora fai tradurre la tua newsletter in inglese.
Per carità, rivolgiti a un traduttore professionista. Non vorrai certo affidare a Google Translate un messaggio commerciale che debba invogliare l’utente all’acquisto! Il risultato deprimente della traduzione automatica farà scappare l’utente, che ti etichetterà come spam.

Però l’inglese non basta. Se con le statistiche di visite del tuo sito hai scoperto che hai molti visitatori in Russia o in Francia, traduci i tuoi contenuti in russo o in francese. Così incoraggerai l’utente a effettuare l’acquisto.
È una questione di fiducia: circa il 55% degli utenti effettua acquisti online quando le informazioni sono presentate nella loro lingua.

2. Non solo traduzione: localizza la campagna di email marketing

Tradurre il contenuto di una newsletter non basta. È necessario adattare il messaggio (testi, immagini, valute, unità di misura) alla cultura di riferimento, perché alle differenze linguistiche si aggiungono le differenze culturali fra utenti che parlano lingue diverse e vivono in Paesi diversi.
Quindi la localizzazione è indispensabile.

Supponiamo che tu abbia un e-commerce di prodotti cosmetici e che tu voglia lanciare un’offerta promozionale con una campagna globale di email marketing in occasione della Festa della Mamma. In Italia e in molti altri Paesi questa ricorrenza è celebrata la seconda domenica di maggio, ma nel Regno Unito si festeggia molto prima (la quarta domenica di Quaresima) e in Francia alcune settimane dopo (fine maggio).
Avrebbe senso lanciare un’offerta del genere in questi due Paesi in concomitanza con la Festa della Mamma in Italia?
No. Anzi, dimostreresti di non conoscere la differenza temporale di questa ricorrenza e quindi di non conoscere il tuo pubblico.

3. Considera il fuso orario per la programmazione

Sì, considera il fuso orario. Se vuoi inviare una newsletter agli utenti in Cina, cerca di rispettare gli orari locali. L’utente è più diffidente se gli arriva una email alle 2 di notte e magari tenderà a considerare quel messaggio di posta elettronica come spam.
Per aumentare il tasso di apertura della tua newsletter, fai in modo di inviarla a un’ora adeguata.

L’email marketing multilingue non deve essere sottovaluta. Al contrario, può influire molto sull’aumento dei profitti della tua attività… se utilizzi questo strumento correttamente.

Il blog ha un unico pubblico?

Dico subito la mia: no, un blog non può avere un unico pubblico.

Prima di aprire un blog, è opportuno riflettere sul target. Chi è il lettore ideale dei tuoi contenuti? Dipende dal tuo obiettivo.

In genere si decide di aprire un blog per intercettare potenziali clienti, ottenere visibilità online e diventare un piccolo riferimento per una nicchia, consolidando la propria reputazione.

Il blog è uno strumento importante per la tua attività e può rivelarsi molto utile alla tua vita professionale, soprattutto se sei un freelance.

Ma decidere per chi scrivere è una delle parti più difficili, perché il calendario editoriale e i contenuti saranno su misura del target che hai individuato.
Eppure ben presto ti rendi conto che i tuoi lettori costituiscono una realtà eterogenea.

Nel caso di un traduttore freelance che cura un blog, esistono due possibilità di target: i potenziali clienti e i colleghi traduttori. I contenuti più utili agli uni non sono poi così utili agli altri, in quanto si tratta di lettori con esigenze e interessi diversi.

Se decidi di scrivere per un determinato target, ti accorgi che alla fine riesci anche a intercettare altri lettori che magari non avevi in mente.

Cosa fare?
La cosa migliore è evitare un calderone di contenuti, un blog in cui scrivi di tutto senza dare il giusto peso a chi legge.
Invece potresti variare il calendario editoriale alternando gli articoli che possono risultare più interessanti ai potenziali clienti con quelli che attirano maggiormente i colleghi.

Un altro suggerimento? Aggiungi un tocco personale.

Non si tratta di raccontare i dettagli della tua vita personale, ma di dare un’anima agli articoli aggiungendo la tua esperienza. Racconta qualcosa che ti ispira nel tuo lavoro, aggiungi il tuo punto di vista su un argomento affrontato da altri, coniuga i tuoi interessi con spunti e riflessioni che possono risultare utili ai tuoi lettori.

Non è per niente facile, questo è vero. Però l’impegno è necessario come in tutte le cose.
Tu che ne pensi? Esiste soltanto un target per il blog?

“Scrivi qualcosa che valga la pena di essere letto o fai qualcosa che valga la pena di essere scritto.”
Benjamin Franklin

I miei post sulla vita da freelance

Nel mese di ottobre si celebra la European Freelancers Week, la Settimana Europea dei Freelance. E mentre in molte città di tutta Europa e online si svolgono dibattiti, incontri, seminari e conferenze su questo mondo professionale, ho pensato di condividere in questa pagina tutti i post che ho scritto in questi anni di blogging incentrati sulla categoria dei freelance.

Non si tratta dei post che riguardano strettamente la mia vita professionale di traduttrice freelance, bensì degli articoli relativi alla vita da freelance in generale.

Magari li hai letti già tutti in questi mesi, oppure qualcuno ti è sfuggito. Allora eccoli qui.

Se hai bisogno di motivazione, informazione, consigli, ispirazione o intrattenimento, spero che troverai ciò che cerchi. 😉

E se ti va, puoi lasciare un commento, condividere i post e raccontarmi la tua esperienza sulla vita da freelance. Perché la condivisione e il confronto arricchiscono ogni freelance.

Buona lettura!

Di riservatezza, segreto professionale e invisibilità

Ho letto il post di Carlotta Cabiati e mi sono fermata a riflettere sul concetto di riservatezza.

La riservatezza è una prerogativa imprescindibile della professione del traduttore.
Non intendo dire che il traduttore sia una persona schiva e riservata (anche se spesso è così), bensì che applica il concetto di riservatezza in ogni ambito della sua professione.

I traduttori firmano una quantità impressionante di accordi di riservatezza e non divulgazione. Che si tratti di agenzie di traduzione o clienti diretti, molti di questi chiedono al traduttore freelance di firmare un accordo per tutelare la riservatezza dei contenuti trattati prima di affidare un incarico di traduzione.

Questi NDA obbligano il traduttore a non condividere informazioni confidenziali che possono riguardare segreti industriali, dati sensibili o qualsiasi informazione di carattere commerciale o di altra natura che il cliente intende custodire.

Tali accordi possono generare alcune difficoltà pratiche per il traduttore che, alla luce di clausole piuttosto restrittive, non può ad esempio fornire una referenza specifica o un campione di una traduzione effettuata in passato in un determinato settore a un’agenzia di traduzione nonché potenziale cliente con cui intende avviare una collaborazione.

Ma ci sono anche altri grattacapi di natura analoga con cui il traduttore deve misurarsi quasi ogni giorno.
Un esempio: il traduttore lavora al progetto X per il cliente Y. Quando familiari, amici, parenti, conoscenti, curiosi eccetera gli chiedono “di cosa ti occupi al momento?”, “a cosa stai lavorando?”, la risposta è alquanto generica: il traduttore non si sente autorizzato a riferire il nome del cliente o a illustrare nel dettaglio il progetto. E la cosa importante è che ciò accade anche quando il traduttore non ha firmato un accordo di non divulgazione.

Perché?
Proprio per la riservatezza che fa parte dell’atteggiamento professionale e che non necessita di un accordo scritto per essere tale.

Ad esempio, io mi limito a dire che sto traducendo una brochure dal francese all’italiano per un’agenzia francese. E quel velo di invisibilità che avvolge la figura del traduttore anche in virtù dei segreti che custodisce professionalmente aggiunge un’ulteriore dose di mistero e di incomprensione diffusa della professione agli occhi degli altri.

Eppure a un avvocato non viene chiesto il nome del cliente a cui presta assistenza legale… oppure sì?

Insomma, quando raccontiamo il lavoro che facciamo dobbiamo tener conto di certi limiti. Che ne pensi?

Giornata Mondiale della Traduzione: a te la parola!

Oggi è la Giornata Mondiale della Traduzione. Per celebrare l’occasione, ho preparato un questionario per traduttori con alcune domande dedicate alla nostra professione. Anche se siamo professionisti che rimangono dietro le quinte della comunicazione, penso che sia giusto ricordare – almeno oggi! – che il nostro contributo lascia un segno nel mondo.

Le risposte alle domande del questionario sono decisamente ricche di spunti, come leggerai qui di seguito.
Grazie di cuore alle colleghe che hanno partecipato! Il contributo di ciascuna di voi è un’ispirazione perché, malgrado le difficoltà e alcuni disagi tipici della professione, la traduzione è libertà: consente a tutti di varcare confini altrimenti invalicabili.

Ecco i contributi delle traduttrici che hanno compilato il questionario.

Debora Serrentino

Le tue combinazioni linguistiche: Inglese > Italiano
La tua parola preferita (in italiano o in un’altra lingua di lavoro): Filologia, che è stata anche la mia specializzazione all’università.
Perché ami tradurre? Per due motivi: ho sempre sognato di farmi pagare per leggere. Inoltre amo le parole: l’origine, la storia, lo sviluppo, come cambia l’uso nel tempo.
Cosa non ti piace della tua professione? Per ora il non piacere si limita ad alcune specializzazioni (ad es. la finanziaria) per il resto il mio lavoro mi piace davvero.
“Traduco, ergo sumus” (Traduco, dunque siamo). Per te cosa significa? La traduzione unisce le persone nello spazio e nel tempo.
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Giuseppina De Vita

Le tue combinazioni linguistiche: Spagnolo > Italiano, Francese > Italiano
La tua parola preferita (in italiano o in un’altra lingua di lavoro): Comunicazione.
Perché ami tradurre? Perché ritengo che la traduzione sia metafora della costruzione di ponti che uniscono le terre, perché solo tramite essi la cultura diventa “universalmente usufruibile”. Partecipare a queste costruzioni tra le infinite Babeli odierne mi gratifica e appassiona, ecco perché amo il mio lavoro!
Cosa non ti piace della tua professione? Le deadline sempre troppo vicine!
“Traduco, ergo sumus” (Traduco, dunque siamo). Per te cosa significa? Traduco, dunque mi sento parte integrante della trasmissione culturale. Traduco, dunque mi sento viva. Traduco, dunque mi sento semplicemente me stessa. Traduco, ergo cogito, ergo sum.

Anna Gallo

Le tue combinazioni linguistiche: Inglese > Italiano, Francese > Italiano
La tua parola preferita (in italiano o in un’altra lingua di lavoro): Transcultural.
Perché ami tradurre? È sempre una sfida riuscire a trasportare un testo da source a target… e anche se le perdite nella traduzione sono inevitabili, è soddisfacente e gratificante, poi, aver superato gli ostacoli giungendo al testo di arrivo.
Cosa non ti piace della tua professione? Il poco tempo a disposizione, a volte, per rivedere bene il lavoro!
“Traduco, ergo sumus” (Traduco, dunque siamo). Per te cosa significa? Avere un testo a disposizione nella propria lingua è un aiuto immenso. Quindi anche se la perdita di qualcosa è inevitabile nella traduzione, i traduttori sono un po’ dei traghettatori, conducono le persone in un nuovo mondo, assaporando un’altra cultura, rendendola più vicina.

Francesca Felici

Le tue combinazioni linguistiche: Portoghese brasiliano > Italiano, Inglese > Italiano
La tua parola preferita (in italiano o in un’altra lingua di lavoro): Saudade.
Perché ami tradurre? Perché ogni traduzione è un mondo da scoprire che amplia i miei orizzonti.
Cosa non ti piace della tua professione? Tradurre testi mal scritti (purtroppo mi capita frequentemente).
“Traduco, ergo sumus” (Traduco, dunque siamo). Per te cosa significa? Il lavoro del traduttore è essenziale per la comunicazione, il confronto delle opinioni e lo sviluppo delle idee.
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Marta Scultz

Le tue combinazioni linguistiche: Inglese > Italiano, Spagnolo > Italiano
La tua parola preferita (in italiano o in un’altra lingua di lavoro): Serendipity.
Perché ami tradurre? Vorrei dire che amo tradurre per aiutare gli altri a capire un testo scritto in una lingua diversa, ma in realtà è perché mi piace da morire il lavoro di ricerca per la parola giusta al posto giusto.
Cosa non ti piace della tua professione? Cosa pensano di questa professione chi non è del settore.
“Traduco, ergo sumus” (Traduco, dunque siamo). Per te cosa significa? Per me tradurre è una forma d’arte, un modo per esprimere chi sono.
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Francesca Manicardi

Le tue combinazioni linguistiche: Inglese, Tedesco, Francese > Italiano
La tua parola preferita (in italiano o in un’altra lingua di lavoro): Wanderluster.
Perché ami tradurre? Mi piace analizzare i termini stranieri e fare ricerca per il corrispondente italiano più appropriato. Mi piace l’idea di poter aprire a chi non conosce le mie lingue di lavoro un mondo nuovo.
Cosa non ti piace della tua professione? Il fatto che spesso è bistrattata, non ben definita, regolamentata e conosciuta e che tra i colleghi ci sia poco spirito di condivisione e collaborazione.
“Traduco, ergo sumus” (Traduco, dunque siamo). Per te cosa significa? Le lingue sono l’espressione delle rispettive culture e traducendo si fanno conoscere alle persone che non le sanno nuovi modi di vivere, pensare, percepire la realtà.
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Patrizia Galletti

Le tue combinazioni linguistiche: Inglese > Italiano, Francese > Italiano, Spagnolo > Italiano
La tua parola preferita (in italiano o in un’altra lingua di lavoro): Piropo.
Perché ami tradurre? Perché vivo mille vite, vedo mille mondi.
Cosa non ti piace della tua professione? La solitudine.
“Traduco, ergo sumus” (Traduco, dunque siamo). Per te cosa significa? Siamo liberi di varcare i confini.

Chiara Bartolozzi

Le tue combinazioni linguistiche: Inglese > Italiano, Spagnolo > Italiano, Cinese > Italiano
La tua parola preferita (in italiano o in un’altra lingua di lavoro): Al momento sono fissata con “ELYSIAN”.
Perché ami tradurre? Perché tradurre mi permette di vedere la stessa cosa da due (o più) prospettive diverse. Come l’attore che sale sul palco, interpreti un ruolo. Devi entrare nell’ottica del testo che hai davanti. C’è la sfida di essere in grado di comprenderlo nella sua interezza, per come è stato pensato e redatto e riportarlo in un’altra lingua (solitamente la tua, ma nel caso di traduzioni attive è bello anche mettersi alla prova pensando e producendo in una lingua diversa dalla propria).
Cosa non ti piace della tua professione? La lotta continua per guadagnare credibilità. Le cose stanno migliorando, ma ancora fatichiamo per farci valutare nel modo giusto e per avere una tutela adeguata. Ci sono molti settori dove ancora si fa fatica a far capire l’importanza che ha l’avvalersi di un professionista che si occupi della traduzione (di testi, materiale vario, cataloghi, siti, ecc.) e di tutto il lavoro più o meno direttamente collegato a una lingua straniera.
“Traduco, ergo sumus” (Traduco, dunque siamo). Per te cosa significa? Che siamo tutti interconnessi. La traduzione ci permette di essere chi siamo ed essere compresi anche all’esterno. Il pensiero di uno – messo per iscritto – diventa il pensiero di molti (esagerando potrei azzardare un “di tutti”) ed è messo a disposizione della comunità.
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Elisa Copetti

Le tue combinazioni linguistiche: Croato, Serbo, Bosniaco > Italiano
La tua parola preferita (in italiano o in un’altra lingua di lavoro): Utočište.
Perché ami tradurre? Perché mi piace ricreare atmosfere.
Cosa non ti piace della tua professione? Il non guadagno.
“Traduco, ergo sumus” (Traduco, dunque siamo). Per te cosa significa? Molteplicità, differenza, comunità.
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Giuseppina Franich

Le tue combinazioni linguistiche: Inglese > Italiano
La tua parola preferita (in italiano o in un’altra lingua di lavoro): Lettura.
Perché ami tradurre? Perché amo leggere e talvolta si ha l’impressione di ricreare, collaborare alla stesura di un testo.
Cosa non ti piace della tua professione? Bisogna essere competitivi e io non lo sono.
“Traduco, ergo sumus” (Traduco, dunque siamo). Per te cosa significa? Dare un significato al proprio lavoro che contribuisce alla diffusione e conoscenza dei testi – in breve, alla cultura.

Clara Giampietro

Le tue combinazioni linguistiche: Inglese, Spagnolo, Russo > Italiano
La tua parola preferita (in italiano o in un’altra lingua di lavoro): Mare.
Perché ami tradurre? Traduco perché amo le parole. Traduco perché amo la mia lingua, l’italiano. Traduco perché la traduzione è parte di me, come il colore dei miei occhi. Traduco perché la traduzione mi fa sentire libera. Traduco per capire come funzionano le cose. Traduco per restituire un po’ di quello che ho imparato e che continuo a imparare.
Cosa non ti piace della tua professione? Seppure nell’ambito dei miei settori di specializzazione, preferisco variare il tipo di testi e argomenti da tradurre. Non amo molto quando mi capita di tradurre le stesse cose ripetutamente.
“Traduco, ergo sumus” (Traduco, dunque siamo). Per te cosa significa? Si è sempre tradotto e si tradurrà sempre. Libri, film, telefoni, dispositivi, automobili, macchinari, documenti, app, software, informazioni e molto altro ancora: la traduzione è una costante della nostra vita. È alla base di tutto ciò che siamo, pensiamo e facciamo, perché tradurre è comunicare. Quindi, la comunicazione esiste anche grazie al lavoro dei traduttori.
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Capire il lavoro freelance: una questione di muri

Quando incontro qualcuno che non vedo da un po’ di tempo, l’interlocutore medio non sa come porre domande pertinenti relative alla mia professione. Perché lavorare da casa può sembrare un’anomalia, visto che la “normalità” consiste nel lavorare otto ore al giorno, cinque giorni su sette (ferie, permessi e malattie esclusi) in un altro luogo.

L’idea che io lavoro come traduttrice freelance appare piuttosto complessa per la maggior parte della gente.
E in questi anni mi è capitato di sentire la domanda: “Fai sempre lo stesso lavoro?”.

Dove lavori?

Una difficoltà che ho riscontrato quando spiego la mia professione riguarda proprio il luogo di lavoro.
Non so se sia una caratteristica dell’Italia meridionale, o magari la situazione è simile anche nelle altre regioni: sta di fatto che la concezione del luogo di lavoro è centrale. “X lavora in un’agenzia di assicurazioni”, “Y lavora in un’azienda che si occupa di moda bimbo”. Il focus è sempre sul luogo, mai sulla mansione.

Benissimo, lavori nell’azienda Z. Ma che lavoro fai? Qual è il tuo ruolo, quali sono i tuoi compiti?

Direi che è questo il punto della questione. Invece l’interesse generale riguarda il luogo in cui puoi semplicemente affittare il cervello per otto ore al giorno. Perché parliamoci chiaro: spesso è la realtà. Spesso non importano la produttività, gli obiettivi raggiunti, puoi anche procrastinare e non concludere nulla, tanto alla fine l’importante è che tu stia seduto alla scrivania e “far vedere che stai lavorando”.

Non voglio assolutamente generalizzare, visto che c’è gente che si impegna davvero al tremila per cento sul lavoro. Ma come scrive Emanuela Zaccone, “Siamo un paese in cui farsi vedere mentre si lavora conta più di ciò che si fa lavorando”.

I clienti e il mondo

Lavorando come traduttrice freelance, quasi tutti i miei clienti si trovano a centinaia di chilometri da me. E in molti casi i clienti sono all’estero, per lo più in Europa. È vero che ho qualche cliente in zona, eppure quest’ultimo elemento è quello più comprensibile agli occhi degli altri.

Un po’ di tempo fa, una persona mi ha chiesto se avevo trovato altri clienti nei dintorni. La domanda mi ha alquanto sorpreso, dato che il bacino di potenziali clienti di un traduttore è grande quanto il mondo intero. Però è vero che è più facile capire che hai un cliente a una decina di chilometri di distanza rispetto a un cliente in Francia o in Canada, e così via.

Si tratta di limiti mentali, della difficoltà di comprendere che ehi, un piccolo professionista può avere un cliente all’estero e anche oltreoceano. Non è una prerogativa delle grandi aziende o delle multinazionali.

Freelance: fri-cosa?

Freelance non è una brutta parola. Ma per alcuni lo è. E da un lato posso capirlo, visto che siamo il Paese dove l’inglese è inserito in tutte le salse (Jobs Act, stepchild adoption, solo per citarne due) anche laddove non sarebbe necessario; però “fa figo”.

Così, quando mi chiedono che lavoro faccio, adatto la mia risposta all’interlocutore. Per un cinquantenne o sessantenne sarebbe generalmente ostico interpretare l’espressione “traduttrice freelance”. E quindi dico: “Sono traduttrice e lavoro come libera professionista“.

Non c’è dubbio: si tratta di una questione di mentalità e, soprattutto, di muri da abbattere.

Riusciremo a cambiare prospettiva?

Ti ritrovi nella mia esperienza? Vivi qualcosa di simile quando parli del tuo lavoro?
Confrontiamoci, raccontami la tua esperienza nei commenti. Perché è bello sapere di non essere soli. 😉

Vuoi fare il traduttore? Ecco cosa non insegna l’università

Per intraprendere la professione del traduttore, la laurea in Mediazione Linguistica o in Traduzione Specialistica è una solida base da cui partire.
Ma i primi entusiasmi derivanti dalla fresca laurea conseguita vengono spesso sostituiti dallo sconforto dovuto allo scontro con il mondo del lavoro: nessuno ti conosce, sei soltanto il nuovo arrivato, come farai a realizzare il tuo sogno di lavorare come traduttore professionista?

Perché la laurea è di certo una tappa importante, ma non un traguardo. È il punto di partenza.

I corsi universitari atti a preparare futuri traduttori professionisti offrono moltissimo, alla luce del percorso formativo dello studente che va dalla teoria della traduzione a tanta pratica, dalla grammatica e dalle strutture linguistiche alla terminologia; non manca poi un minimo di formazione sui CAT tools, nonché alcune discipline non strettamente connesse con la traduzione.

Tuttavia, una volta terminati gli studi universitari, il neolaureato in Traduzione rimane scoraggiato da un mercato davvero saturo e teme che non ci sia posto per lui.

Perché malgrado gli esami e la tesi brillantemente superati, ti rendi conto che l’università non ti insegna tutto ciò che dovresti sapere per lavorare come traduttore freelance. Manca qualcosa di fondamentale: l’aspetto commerciale.

Riassumo in questi punti le domande che assillano gli aspiranti traduttori:

  • Come scrivere un curriculum efficace
  • Come contattare potenziali clienti
  • Dove trovare potenziali clienti
  • Come fare esperienza
  • Come promuoversi online
  • Personal branding e content marketing
  • Contabilità e fatturazione
  • Servizio clienti

Ricordo un professore dell’università che voleva farci guardare in faccia la realtà dicendo cose che a molti sembravano finalizzate a scoraggiarci. La frase che aveva l’abitudine di ripetere a un gruppo di circa venti studenti in traduzione era: “Fra di voi, soltanto due o tre persone faranno questa professione.”

E aveva ragione perché, come spesso accade, molti cambiano idea, altri colgono ulteriori opportunità che non hanno niente a che fare con la traduzione, altri semplicemente rinunciano.

Allora cosa fare per non perdere di vista l’obiettivo?
Devi andare oltre ciò che hai imparato all’università e cercare autonomamente tutte le informazioni di cui hai bisogno per iniziare a lavorare come traduttore freelance.

Ad esempio, puoi cominciare a fare un po’ di pratica con le traduzioni volontarie per il no-profit, come spiegano le doppioverso in questo post.
Puoi lavorare su te stesso per capire in quali settori specializzarti. A questo proposito, segui i consigli di Federica Bruniera.

Certo, la strada è tutta in salita, ma ricorda:

Qualunque cosa tu possa fare, qualunque sogno tu possa sognare, comincia.
Johann Wolfgang von Goethe

Caro freelance, smettila di lamentarti!

In Italia c’è una tendenza radicata difficile da estirpare: la continua propensione al lamento. E in un Paese in cui piangersi addosso e dare la colpa agli altri è una triste abitudine, purtroppo la categoria dei freelance non fa eccezione.

Se sei un freelance, in genere ti confronti con due tipi di reazioni da parte degli altri: o ti guardano con una certa confusione oppure con una vera e propria commiserazione.
E le osservazioni sono sempre le stesse: poveraccio, ma chi te lo fa fare, la Partita Iva è il male, non c’è lavoro, come fai a stare a casa tutto il giorno, datti da fare e trovati un lavoro vero…

Sorvoliamo sul punto di vista della società nei confronti dei freelance e andiamo al punto della questione: il tuo atteggiamento.

Lavorando come freelance, è inevitabile misurarsi con numerosi ostacoli che possono sembrare insormontabili se non vengono affrontati con la giusta motivazione.

Ma a che serve continuare a lamentarsi su ogni aspetto della vita da freelance?

Ti faccio alcuni esempi di situazioni ricorrenti.

Troppo lavoro
In alcuni periodi il lavoro da fare è tanto. Quindi ti lamenti. Nottate in bianco per rispettare le scadenze dei progetti, fine settimana intensi di lavoro, zero tempo libero, vacanze che diventano un’illusione.
Ricorda però che sei tu che hai accettato il lavoro. Hai dato la tua disponibilità al cliente e non è stato qualcun altro a decidere al tuo posto, giusto?
E allora cerca di migliorare la tua gestione del tempo invece di sprecare energie nel lamentarti del troppo lavoro. Se sei un traduttore freelance che deve consegnare una traduzione di decine di migliaia di parole in due giorni, potresti ad esempio dividere il lavoro con un altro traduttore (se è possibile), invece di autocommiserarti.

Poco lavoro
E poi c’è la situazione opposta. Le richieste di preventivi non arrivano, il telefono non squilla, i clienti non ti cercano. Quindi ti lamenti.
E tu? Che cosa stai facendo per trovare potenziali clienti? Perché stai facendo qualcosa oltre a lamentarti, vero?

Le tasse da pagare
Se c’è una cosa stabile nella vita del freelance, si tratta delle scadenze fiscali. E le tasse hanno un peso notevole sul reddito complessivo. Quindi ti lamenti.
Questa situazione gravosa riguarda soprattutto la questione contributiva dei freelance iscritti alla Gestione Separata, la cui aliquota dovrebbe superare il 30% nel 2017. E purtroppo non puoi fare più di tanto per arginare questa pressione, ma spero che avevi già un’idea piuttosto chiara della situazione quando hai deciso di aprire la Partita Iva.

Il ritardo nei pagamenti
Hai emesso e consegnato le fatture ai clienti, che però ritardano nei pagamenti anche se hai lavorato come un matto per rispettare le scadenze richieste. Eppure il bonifico per saldare la fattura tarda ad arrivare. Quindi ti lamenti.
Invece di sfogare la frustrazione sulla tua bacheca di Facebook, spendi due minuti per inviare un sollecito di pagamento al cliente: un’email, una telefonata, una lettera sottoscritta da un avvocato. Cerca di insistere!

Ti capisco, talvolta ti lamenti delle difficoltà riscontrate nella vita da freelance semplicemente per sfogarti. Però ricorda che sei stato tu a scegliere questa professione, nessuno ti ha obbligato.

Il freelance è una figura dinamica che decide di essere pienamente responsabile del proprio destino.

Se hai tempo per lamentarti, hai tempo per cambiare ciò di cui ti lamenti.
A.J. D’Angelo