Se un bambino ti chiede che lavoro fai, non puoi rispondergli con le stesse parole che useresti con un adulto.
In genere, preparare un elevator pitch è indispensabile per presentarti in modo professionale a un interlocutore con cui avviare eventualmente una collaborazione e che può diventare un tuo cliente.
Ma bisogna anche essere in grado di adattare l’elevator pitch e di renderlo accessibile alla persona che hai di fronte: la fascia d’età, l’istruzione, l’esperienza e il vissuto di ognuno sono talmente diversi che non puoi usare una formula standard per presentarti a chiunque.
Io adatto la mia presentazione a chi ho davanti. A un sessantenne non dico che lavoro come traduttrice freelance, perché la parola freelance potrebbe disorientarlo: dico che lavoro come traduttrice professionista.
Ma se è una bambina che va all’asilo a chiedermi che lavoro faccio, anche la parola traduttrice risulterebbe incomprensibile.
Mi è capitato durante il fine settimana di Pasqua, quando la mia procugina di 5 anni che inizia a essere molto curiosa del mondo mi ha fatto la fatidica domanda.
La procuginetta mi chiede: “Che lavoro fai?”
La mia risposta: “Faccio diventare le parole di un’altra lingua in italiano, come il tuo libro italiano-inglese con le immagini sui colori e gli animali. Mi danno un testo in inglese e lo faccio diventare in italiano, oppure mi danno un testo in francese e faccio la stessa cosa.”
La bimba mi guarda stupefatta: “E come fai?”.
Mi indico la tempia: “Con la testa, perché ho studiato tanto. Quindi leggo quelle parole strane e le riscrivo in italiano.”
Non so se la spiegazione sia stata la migliore che potessi dare alla mia procugina. So che ho reso l’idea perché ha capito per quanto le sia possibile, visto che non ha ancora imparato a leggere e scrivere.