Due giorni, una notte e la dignità del lavoro

Due giorni, una notte: ho visto l’ultimo film dei fratelli Dardenne ed è stato come ricevere un pugno allo stomaco.

Due giorni, una notte è uno di quei film in cui il confine tra finzione cinematografica e amara realtà non si avverte. Ciò che vedi sullo schermo è la vita di una donna che potrebbe essere quella di ognuno di noi, alle prese con la precarietà lavorativa.

Di cosa parla il film?
Sandra (Marion Cotillard) è un’operaia che ha sofferto di depressione e sta per perdere il lavoro in una piccola azienda di pannelli solari. I suoi colleghi devono infatti scegliere tra un bonus di mille euro e la riassunzione di Sandra. La donna ha soltanto un fine settimana per convincerli a votare per il suo reinserimento in fabbrica, lottando contro l’esclusione.

Non c’è retorica in Due giorni, una notte. C’è la tragedia individuale, la disperazione del lavoratore che deve sostenere una battaglia per la propria dignità. Sandra è un’operaia, ma potrebbe essere una dipendente qualunque o una freelance. Perché spesso non c’è differenza tra la lotta per la sopravvivenza sul lavoro di un impiegato o di un lavoratore autonomo.

Questo film ti induce a riflettere perché non puoi fare a meno di immedesimarti in Sandra, ma anche nei suoi colleghi. Se fossi al loro posto, rinunceresti a mille euro quando hai spese da sostenere, una vita da costruire, una famiglia da mantenere o qualsiasi altra esigenza? Mille euro fanno comodo, ma optare per il bonus ti costringe a distruggere la vita di una persona che sta tentando di ricominciare, una persona che lotta contro la solitudine e lo fa per se stessa e per la famiglia.

La dolente malinconia negli occhi di Sandra si riflette nei volti dei suoi colleghi. Lei non li giudica, perché sa che scegliere il bonus non è sintomo di puro egoismo. E si sente in colpa, ma non vuole ricevere compassione. La sua è la lotta per la dignità del lavoro.

Potresti essere tu quando ti sembra di chiedere l’elemosina per il pagamento di una fattura da parte del tuo cliente, oppure quando temi di andare in esubero se per il sistema diventi una persona superflua. Tu, essere umano, spogliato dei tuoi diritti, non tutelato e trasformato in numero.

Due giorni, una notte ti sbatte in faccia il fallimento di una società. La nostra. Perché i numeri contano più delle persone e la solidarietà diventa quasi un lusso in un mondo costellato da solitudini disperate alle prese con i propri drammi.

Ma la lotta è necessaria. Due giorni, una notte mette in scena l’alienazione di una società alla deriva, eppure la soluzione allo sconforto è mostrare umanità.
Il motivo?
Alle becere logiche monetarie sopravvive una consapevolezza: se scelgo la distruzione del prossimo, sono un mostro, non un uomo. E difendere la dignità umana non è mai una debolezza.

4 suggerimenti per lavorare con un traduttore freelance

Per lavorare al meglio con un traduttore freelance, ti propongo questi suggerimenti.

1. Scegli il traduttore freelance in base alla combinazione linguistica e alla specializzazione.
Contatta un traduttore freelance che lavora con la combinazione linguistica di cui necessiti. Qual è la lingua di origine del progetto da tradurre? In quale lingua deve essere tradotto?
Se hai bisogno di una traduzione dall’italiano al francese, è inutile contattare un traduttore che lavora dall’italiano allo spagnolo.
Inoltre scegli un traduttore freelance specializzato nei settori che ti interessano. La specializzazione del traduttore è data dalla combinazione di formazione, competenze ed esperienza. Ad esempio, io non accetto incarichi di traduzioni giuridiche perché l’ambito giuridico non è un settore in cui sono specializzata.

2. Fornisci informazioni dettagliate sul progetto.
Il traduttore freelance deve sempre prendere visione del testo integrale per fornire un preventivo e accettare un lavoro.
Se disponi di materiale di riferimento per il traduttore, puoi facilitargli il lavoro inviandogli guide di stile, glossari utilizzati dall’azienda, trascrizioni di video per la traduzione dei sottotitoli. Questi strumenti semplificano il lavoro del traduttore consentendoti di risparmiare, perché il traduttore dedicherà meno tempo alla ricerca terminologica, e assicurano coerenza linguistica e stilistica.

3. Utilizza un formato editabile del testo, come Microsoft Word.
In caso di traduzioni di testi e non di progetti di localizzazione, è meglio preferire un formato che non deve essere convertito. Per facilitare il processo traduttivo e ottimizzare i costi, invia al traduttore freelance il progetto in un formato facilmente editabile, come Microsoft Word, invece di un PDF.

4. Specifica la data di consegna.
Il traduttore freelance ha sempre bisogno di una data di consegna del lavoro perché deve gestire diversi progetti e soddisfare vari clienti. Proponi dunque una data di consegna che il traduttore dovrà rispettare.
Ricorda che il fattore “urgenza” può influire sul costo di una traduzione, quindi è meglio non definire urgenti progetti che possono essere curati in tempi flessibili. Una traduzione può essere urgente se necessaria entro 24 ore dalla richiesta, ma alcuni committenti possono considerare urgente un progetto che il traduttore freelance deve consegnare entro una settimana.
La soluzione? È preferibile accordarsi su una data specifica per gestire i rispettivi impegni di lavoro.

Aggiungeresti qualche altro consiglio per migliorare la collaborazione fra un traduttore freelance e il committente?

7 cose da non dire a un traduttore freelance

1. Il traduttore e l’interprete sono la stessa cosa.

No. Sono due professioni diverse per le quali sono richieste competenze diverse. È vero che molti traduttori lavorano anche come interpreti e viceversa, ma non è detto che sia sempre così.
Ripeti con me: il traduttore scrive, l’interprete parla.
È chiara la differenza elementare?

2. Conosco un’altra lingua, quindi posso fare il traduttore.

Saper parlare una lingua non significa saper tradurre. Il professor François Grosjean ha detto:

Non basta avere due mani per essere un buon pianista, così come non basta sapere due lingue per essere un buon ‪traduttore‬ e interprete.‬

3. Come si dice questo in inglese? Che significa questa parola?

Il traduttore non è un vocabolario vivente!
Il traduttore freelance non ha ingerito il dizionario, né imparato a memoria ogni singola parola di una lingua straniera, così come un italiano non conosce ogni parola esistente della lingua italiana. Mi sai dire che cosa significa sicumera?

4. Basta che sai la lingua, non importa conoscere l’argomento.

E invece è essenziale che il traduttore conosca l’argomento del testo da tradurre per svolgere un lavoro ottimale. Se il traduttore è esperto di un determinato argomento, buona parte della terminologia è già acquisita, quindi traduce più rapidamente e a un prezzo più economico, perché il lavoro di ricerca e documentazione richiede un numero di ore inferiore rispetto alle tempistiche necessarie per un traduttore che ignora l’argomento del testo di partenza.

5. Traduci da casa? Ma è un lavoro?

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6. Conosci soltanto tre lingue?

Tre è un numero decisamente ragionevole. Non perché three is a magic number, ma perché è meglio diffidare di qualcuno che dice di parlare un numero esagerato di lingue straniere. Quanto è approfondita la sua conoscenza di queste sei-sette-otto lingue?

7. Non sopporto i traduttori simultanei della tv.

Peccato che i traduttori simultanei non esistono. Sono interpreti. E ciò che fanno si chiama interpretazione simultanea, non traduzione.

Di certo esistono altri luoghi comuni e frasi che fanno indispettire un traduttore freelance… collega traduttore, che cosa aggiungeresti in base alla tua esperienza?

Elogio della follia… del freelance

Caro freelance, che ne diresti di fare i conti con la tua follia?

Non c’è niente di offensivo in queste parole, ma prendo in prestito l’espressione di Erasmo da Rotterdam per applicarla a te.

Perché definire folle un freelance?
Per tanti motivi. La nostra follia è ammirevole, sia chiaro. Lo stesso Steve Jobs ci invitava a essere folli, ad abbracciare quella scintilla di creatività, di apertura mentale, di curiosità verso il mondo, di spirito di iniziativa destinato a concretizzare un’idea. Proprio ciò che dovrebbe stare alla base della vita da freelance, cioè un piano concreto, un progetto professionale, obiettivi chiari e spirito imprenditoriale: e poi via, il mondo del lavoro ci aspetta!

Aziende, istituzioni, enti, agenzie, organizzazioni e privati hanno bisogno delle nostre competenze. Siamo una categoria professionale in aumento in tutto il mondo. Pensa che soltanto negli Stati Uniti i lavoratori freelance sono circa 42 milioni.

E in Italia?

Programmatori, consulenti, traduttori, web designer, web writer… siamo in tanti, siamo il lavoro del futuro visto che il posto fisso sta scomparendo, eppure nel nostro Paese veniamo considerati quasi dei matti per la nostra iniziativa imprenditoriale.

Perché aprire la Partita IVA se la maggior parte di quanto guadagni andrà via in imposte e contributi? Perché cerchi di trasformare la tua passione in un lavoro in un Paese dove “lavoro” è sinonimo di noia e peso inevitabile da portare sulle spalle per vivere (anzi, sopravvivere)?

Non basta essere considerati lavoratori di serie B da familiari/parenti/amici che non capiscono cosa significhi essere freelance e ti vedono smanettare al computer senza capire che lavoro fai.
E che parlano di te a terzi senza definire chiaramente la tua professione, perché l’unica frase che sanno concepire somiglia a “lavora al computer” o “lavora a casa”.

E tu, freelance esausto di dover spiegare sempre le stesse cose, di far capire che il tuo è un lavoro anche se non affitti il cervello in un ufficio per otto ore al giorno, ma lavori da casa, ti senti abbattuto e frustrato.

La nostra è una categoria di lavoratori non riconosciuta dalle istituzioni, non tutelata e oppressa da aumenti contributivi e fiscali, eppure siamo freelance.

Dobbiamo cercare clienti ogni giorno, lavorare il più possibile per guadagnare, promuovere la nostra attività, sollecitare il saldo delle fatture, fare i conti con i pregiudizi sul nostro lavoro freelance. Ma non dobbiamo lasciarci abbattere da chi ci chiede quando troveremo “un vero lavoro”.

Quindi la tua follia è quella passione alla base di ciò che fai, la tua determinazione a raggiungere gli obiettivi, il coraggio di pensare fuori dagli schemi ed essere anticonformista nella vita e sul lavoro. Perché essere freelance è uno stile di vita.

E l’elogio della follia del freelance è proprio questo: un incoraggiamento, malgrado tutto, ad andare avanti.

3 cose che puoi imparare da Mozart

Non è come pensi. Non vorrei esortarti a diventare un genio della musica come Mozart, ma suggerirti qualche consiglio per imparare qualcosa di utile per la tua vita.

Wolfgang Amadeus Mozart è un’ispirazione non solo per gli appassionati di musica classica. Nella figura di Mozart puoi trovare aspetti stimolanti come il suo estro creativo, la ricerca di un’occupazione adatta alle sue aspettative e la vocazione artistica inestinguibile.

Era senza dubbio un genio, ma non voglio farti la lezioncina sulle sue composizioni straordinarie, su come compose la sua prima opera all’età di cinque anni. Ti invito solo a prendere spunto da questi consigli per alimentare la tua motivazione.

Trai beneficio dalle pressioni dei tuoi genitori

Dotato di un talento precoce, Mozart ricevette un’intensa educazione musicale da parte del padre Leopold, che era compositore e insegnante di musica. Il bambino era talmente brillante da essere considerato un enfant prodige e fece una tournée musicale in Europa insieme ai genitori e alla sorella maggiore Nannerl, anche lei musicista (ma meno dotata del fratello prodigioso). Sollecitato dal padre, che nutriva grandi aspettative sul suo talento fuori dal comune, Mozart divenne un artista fenomenale: componeva, suonava il piano, il violino, il clavicembalo e l’organo, finché trovò servizio come musicista di corte a Salisburgo.

Siamo tutti bersaglio delle aspettative dei nostri genitori. Allora cerca di trarre vantaggio dalle loro pressioni nei tuoi confronti non solo per essere degno di loro e poter dare soddisfazioni, ma soprattutto per te stesso.
Hai un talento particolare, competenze che i tuoi genitori hanno voluto alimentare per il tuo futuro professionale? Allora mettile in pratica invece di lamentare un sentimento di oppressione. Utilizza le competenze acquisite nel tuo lavoro.

Sviluppa la tua memoria

Durante un soggiorno musicale a Roma nel 1770, ad appena quattordici anni Mozart riuscì a trascrivere interamente un’opera musicale dopo averla ascoltata soltanto due volte nella Cappella Sistina.
Nel capolavoro Amadeus di Milos Forman, la straordinaria capacità mnemonica di Mozart è mostrata nella scena in cui umilia Salieri suonando dopo un solo ascolto la marcetta di benvenuto da lui composta e riadattandola in un motivetto decisamente più brillante ed estroso che ricorda un’aria de Le Nozze di Figaro.

Perché non impari a potenziare la tua memoria?
Non ti sto invitando a sviluppare un orecchio musicale, ma a rafforzare le tue capacità mnemoniche. Sforzati di ricordare, di archiviare mentalmente le informazioni, invece di affidarle sistematicamente al cellulare o alle ricerche su internet. Certo, spesso è meglio appuntare e prendere nota, ma qualche esercizio di memorizzazione non guasta.
Ti ricordi quando a scuola ti facevano imparare le poesie a memoria? Era un piccolo allenamento mentale, ma puoi trovare altri modi per tenere la memoria in costante esercizio.

Dai una svolta alla tua professione

Mozart non sopportava le oppressioni dell’ambiente di corte di Salisburgo, così abbandonò il suo lavoro subordinato e si trasferì a Vienna, dove cercò impiego come libero artista. Nell’ambiente musicale tedesco Mozart fu il primo a lavorare come libero professionista.
A Vienna Mozart divenne il grande compositore che tutti conosciamo, componendo opere immortali, creazioni musicali su commissione, dando concerti come pianista e lavorando come direttore d’orchestra e compositore di corte. Guadagnò l’immortalità nel panorama musicale non solo grazie al suo talento creativo, ma anche attraverso le sue coraggiose scelte professionali.

Tenacia è la parola d’ordine. Non smarrire la tua determinazione sul lavoro, accogli il cambiamento, affina le tue competenze. Che tu sia dipendente o lavoratore autonomo, inoccupato o imprenditore, dimostra il tuo spirito d’iniziativa, cerca, sperimenta, sbaglia, migliora.

Non sono incosciente, sono soltanto pronto a tutto, e perciò posso tutto attendere e sopportare con pazienza, purché non ne soffrano il mio onore e il mio buon nome.
Wolfgang Amadeus Mozart

4 falsi miti sui freelance

Il lavoro freelance è sempre al centro della discussione. In Italia la situazione non è particolarmente rosea a causa di pratiche tristemente diffuse: sfruttamento del freelance, ritardo dei pagamenti, retribuzioni misere.

Ciò nonostante il lavoro freelance è in continua espansione.
Visto che le assunzioni sono ormai un miraggio, molti scelgono di rimboccarsi le maniche e iniziare un’attività come freelance: liberi professionisti, lavoratori autonomi, lavori creativi che danno linfa vitale al sistema.

Esistono tuttavia pregiudizi e falsi miti sul lavoro freelance che occorre smentire.

1. Essere freelance è un hobby

Si può decidere di diventare freelance per far conciliare una passione con il lavoro. Del resto il lavoro non deve essere considerato per forza come un peso necessario per portare a casa la pagnotta, come un’attività priva di stimoli ma essenziale per vivere.

Un talento creativo inizialmente scoperto come hobby può infatti confluire in un’attività lavorativa.

2. Il freelance lavora gratis

Si può cominciare con attività di volontariato e non retribuite per costruire un portfolio e maturare un po’ di esperienza. Ma questo non significa che il freelance non debba essere pagato.
Il lavoro freelance è lavoro. E come tale va retribuito.

Oltre alle normali esigenze di base per vivere, anche il freelance deve pagare le tasse e i contributi, le spese di gestione della sua attività, il proprio commercialista, provvedere all’aggiornamento professionale per rimanere competitivo sul mercato.

3. Il lavoro freelance è solo creativo

E invece no.
Non si tratta solo di grafici, fotografi, illustratori, copywriter, ma anche di professioni intellettuali: traduttori e interpreti, programmatori, esperti di marketing e così via.

Il mondo del lavoro freelance è decisamente vario. Ciò che accomuna le diverse professioni è un’alta specializzazione e un continuo aggiornamento delle proprie competenze.

4. Chiunque può diventare un freelance

Essere freelance è uno stile di vita. Occorrono grande motivazione, passione per il proprio lavoro, autodisciplina, determinazione, intraprendenza.

Bisogna essere in grado di gestire il lavoro in tutte le sue fasi, contattare potenziali clienti, essere puntuali nelle consegne, impegnarsi nel personal branding e nel marketing della propria attività.

E poi ci sono quei periodi piatti in cui il flusso di lavoro scarseggia e non bisogna lasciarsi abbattere, così come quando occorre essere attivi nel contattare quei clienti che ritardano nei pagamenti.

Se si preferisce il conforto di un’attività stabile con la certezza dello stipendio a fine mese, è meglio non imboccare la strada del freelance: in tal caso il lavoro da dipendente è la scelta più appropriata.

Probabilmente la lista non finisce qui.
Quali sono gli altri pregiudizi sul lavoro freelance?
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A proposito di Lippolis

Un titolo forse familiare perché evoca lo splendido film dei fratelli Coen intitolato A proposito di Davis. In realtà vorrei semplicemente inaugurare questo blog con una riflessione sui progetti per il futuro.

– Tu ci pensi mai al futuro in generale?
– Al futuro? Intendi le macchine volanti, gli alberghi sulla luna?
(A proposito di Davis)

Anche se ho chiuso da un pezzo il capitolo universitario e maturato un po’ di esperienza come traduttrice, l’avvenire professionale è un modello costante fatto di progetti da realizzare, obiettivi da raggiungere, lavoro e formazione continua.

La mia particolare posizione include anche la lotta atta a migliorare la percezione del traduttore, figura professionale che, ahimè, è molto sottovalutata, incompresa, fraintesa. E non solo quando esci dal mondo dorato dell’università.

In quel periodo le domande sul futuro diventano il principale interesse di chi ti circonda: familiari, amici, parenti, semplici conoscenti. Ci si aspetta che tu fornisca risposte rassicuranti, in linea con le generiche aspettative professionali.

Poi ecco il momento della verità: Traduttrice freelance.
Seguono sguardi trasognati, confusi, scettici, dubbiosi. Una delle reazioni verbali più diffuse a questa risposta è un’altra domanda: cioè?
Nel tentativo di placare l’esasperazione, ricordo che anche durante gli studi universitari mi veniva chiesto cosa fosse questa “mediazione linguistica”…

Ma oltre a ignorare l’esistenza del traduttore freelance, nel corso del tempo si sono susseguite risposte disparate e sconfortanti:

– Ah, quindi sai le lingue!
– Che bello, la traduttrice a Firenze!
– Dai, poi anche tu troverai un vero lavoro.

Solo per citarne alcune.

Un vero lavoro: questa espressione è ormai un’etichetta mentale difficile da rimuovere. Sono certa che in futuro meriterà un post tutto suo.

Nel frattempo ti accorgi che l’unico modo per far comprendere chiaramente al “profano” la tua professione è semplificare la terminologia specifica.

Però ritengo che ci sia una sostanziale differenza tra queste quattro espressioni:

  1. Faccio traduzioni.
  2. Traduco.
  3. Faccio la traduttrice.
  4. Sono traduttrice.

Ecco, preferisco l’ultima. Così come un individuo è avvocato, giornalista, imprenditore, consulente, dentista, eccetera eccetera, così io sono traduttrice.

A dire la verità, è la professione più bella del mondo. Ma questa è un’altra storia.