Equilibrio e crescita: cosa insegna il fattore tempo

Il tempo è sottovalutato. E se c’è una cosa che ho imparato quest’anno è proprio questa: non si può dilatarlo all’infinito per inserire tutte le incombenze di cui devi occuparti, ma occorre fare delle scelte e metterle in pratica con responsabilità.

Lavorare il fine settimana o la sera: ma anche no.

Può capitare occasionalmente, ma non deve diventare una routine. L’ho imparato sulla mia pelle, quando a inizio anno ne ha risentito anche la salute psico-fisica: stress a non finire, lavoro ininterrotto per settimane, sere e weekend inclusi, senza mai riuscire a staccare, traduzione dopo traduzione.

Cosa ho imparato: Non trascurare la salute! L’equilibrio fisico è fondamentale tanto quanto quello mentale. Il riposo è essenziale. Dire di no lo è altrettanto. Perché il sovraccarico può compromettere la salute e tante altre cose. Allora ho detto basta alla collaborazione con alcuni clienti che non sembrano capire che il traduttore non è una macchina e che non può essere vigile e scattante e pronto ad accettare un progetto anche alle 22:00.

Non controllare la posta elettronica a qualsiasi ora.

Se sono sul Frecciargento di venerdì mattina perché sto andando a Roma, ho già segnalato la mia assenza ai clienti da diversi giorni. Quindi non devo pensare a potenziali incarichi che potrebbero giungere proprio in quelle ore.

Ed è successo, ovvio. Quante volte ti è capitato che, proprio quando comunichi di non essere disponibile in determinati giorni, i progetti fioccano come se non ci fosse un domani?

Non so spiegare questo paradosso, ma è reale. E se in passato era inevitabile dare una sbirciatina alla posta elettronica pensando “magari c’è un’urgenza o è una questione di minuti, che male c’è?”, oggi la penso in modo diverso. Perché dopo aver segnalato la mia assenza al cliente, mi aspetto che venga rispettata. Se mi propone comunque un progetto proprio in quelle ore o in quei giorni in cui sa che non sono disponibile, la percepisco come una mancanza di rispetto. Del resto al cliente non piacerebbe essere importunato per questioni di lavoro di domenica, durante una gita fuori porta con la famiglia, vero?

Cosa ho imparato: È meglio godermi il viaggio in treno o il giorno di riposo o la vacanza e non controllare le email. Se ho specificato che non sono disponibile il giorno X, non accetto incarichi. Punto. E leggo la posta elettronica quando torno operativa. È stato difficile, ma è un punto su cui ormai non transigo.

Produttività, equilibrio e Sheila

È difficilissimo dire di no quando sto lavorando a diversi progetti e si presentano altre proposte interessanti. Ma talvolta bisogna farlo, perché è praticamente impossibile gestire millemila traduzioni, consegne che si accavallano e avere anche il tempo di riposare gli occhi dal computer. Così do al cliente il nome di un traduttore che potrebbe occuparsi di quel progetto che devo rifiutare: in questo modo fornisco comunque una soluzione e ho la possibilità di fare una piccola gentilezza a un collega.

Cosa ho imparato: La qualità del proprio tempo deve essere valorizzata, perché esiste altro che richiede la tua attenzione oltre al lavoro: gli affetti, la famiglia, i tuoi interessi e passioni.

Sheila

Sheila

Da quando quest’anno Sheila è entrata nella mia vita, ho imparato a impiegare il mio tempo in modo più produttivo e consapevole. Se a un certo punto stacco per dedicarmi a lei, riesco a farlo perché porto a termine ciò che ho stabilito, senza lasciarmi distrarre da attività trascurabili e che rubavano il mio tempo.

Il principio è più o meno quello seguito da chi ha figli: la cura e la dedizione nei loro confronti non possono essere rimandati. Quindi non si può procrastinare, ma occorre riuscire a organizzare le proprie attività con disciplina e senza dimenticare che l’imprevisto è dietro l’angolo.

Così cerco ogni giorno di valorizzare ogni minuto di lavoro e di pausa, abbracciando l’idea che conciliare le parole equilibrio e crescita è possibile. Eccome se è possibile!

Il traduttore vive nel futuro

Nel suo lavoro quotidiano, il traduttore supera il confine del presente per valicare un’altra dimensione temporale. Non si tratta di fantascienza, ma dello scenario affascinante in cui si immerge il traduttore professionista.

Hai mai pensato a questo aspetto intrigante?

Infatti il traduttore osserva da una prospettiva privilegiata contenuti che sbocceranno agli occhi del pubblico in un prossimo futuro. Si muove in due ambienti strettamente connessi fra loro, il dietro le quinte e l’anteprima. E per forza di cose vive nel futuro.

La professione del traduttore implica che questi venga proiettato nel futuro.

Pensa a un traduttore letterario: legge in anteprima il libro che dovrà tradurre e che poi sarà pubblicato nel mercato in cui opera. Una bella soddisfazione, vero?

Un discorso analogo riguarda il traduttore dell’audiovisivo, che traduce i sottotitoli di un film o di una serie tv che saranno disponibili in futuro nella sua lingua. Magari è un grande appassionato proprio di quella serie, oppure adora l’attore protagonista del film di cui traduce i sottotitoli. La possibilità di usufruire di questi contenuti in anteprima (ovviamente nella totale riservatezza!) è una delle gioie del traduttore specializzato in questo settore.

L’anticipazione è uno degli aspetti che preferisco della mia professione.

Quando traduco per il settore turistico, mi occupo di presentazioni di eventi e mostre che si svolgeranno in futuro, oppure di siti web, newsletter e brochure che si rinnovano in vista di una nuova stagione turistica.
Il turismo proietta sempre il traduttore nel prossimo futuro. In estate si traducono prevalentemente i contenuti per la stagione invernale. Così, mentre fuori ci sono più di 30 gradi e tendiamo a pensare al mare, la traduzione mi immerge nelle attività di un comprensorio sciistico oppure nell’atmosfera natalizia di destinazioni turistiche che prosperano nel periodo delle feste di fine anno.

Analogamente, durante i mesi invernali le traduzioni per il turismo riguardano la stagione balneare dell’anno successivo, o magari le nuove offerte di un resort o di un villaggio turistico per i mesi estivi. Così, con una tazza fumante accanto al pc e le mani congelate dal freddo, trascorro ore a tradurre le descrizioni di posti da sogno in riva al mare.

Il risultato? Un bellissimo senso di dépaysement quando distolgo gli occhi dallo schermo e mi ritrovo nel presente.

La moda è un altro settore in cui avviene qualcosa di simile. Il lancio di una campagna pubblicitaria, le collezioni stagionali e le tendenze che caratterizzeranno la quotidianità diversi mesi a venire corrono sempre a una velocità frenetica che trasforma il presente in passato.

Nell’ambito marketing scopri il dietro le quinte di un prodotto, traducendo la descrizione e le caratteristiche tecniche che magari verranno pubblicate su un sito e-commerce. E ti sembra di essere parte integrante del team che ha creato il prodotto finito dando il tuo piccolo ma prezioso contributo affinché questo possa essere commercializzato.

Insomma, magari potrà sembrare banale o scontato, ma per me tutto ciò rende stimolante questa professione ogni giorno.

Che ne pensi? 😀

Dalla traduzione alla corrispondenza: tu o Lei? E vous?

È una questione dibattuta: come rivolgersi al cliente? Come tradurre “you” o “vous” in italiano?

Perché se la nostra lingua ci aiuta a fare una distinzione precisa tra il Lei di cortesia, tu e voi (inteso al plurale, eh! Perché Voi di cortesia è un retaggio letterario, ma anche meridionale e del fascismo), l’inglese e il francese mantengono una certa ambiguità… eppure non è un dilemma irrisolvibile.

Vous per la Francia!

La chiamavano Madame Lippolis. 😀

Proprio così, un cliente francese mi chiama “Signora Lippolis”. Questo appellativo mi metteva un po’ a disagio soprattutto all’inizio, perché “signora” non mi piace neppure in italiano. Ma è una questione di abitudine e il Lei di cortesia, che in francese corrisponde a vous, è la forma più diffusa.

I clienti francesi mi danno del vous. Sempre. Anche se collaboriamo da qualche anno, ci sentiamo diverse volte alla settimana e nelle email che scriviamo ci chiamiamo per nome.
Questa forma di cortesia reciproca è tipica dei francesi. Ci si dà del tu molto raramente in ambito professionale, perché tu è riservato a qualcuno che conosci bene, ad amici, parenti e familiari.

Non si tratta di freddezza o di stabilire una distanza invalicabile: è una grande forma di rispetto nei confronti dell’interlocutore.

Un esempio tratto dalla mail di una cliente:

Bonjour Raffaella,
Plaisir partagé ! Je suis ravie de travailler avec vous !

Con i clienti inglesi e americani c’è una maggiore confidenza: ci chiamiamo per nome, lo stile e i saluti sono più informali. Ciò avviene anche con interlocutori di altre nazionalità, come un Project Manager spagnolo con cui ho una corrispondenza in inglese.

E invece gli italiani?
Prevale il tu, sia nel caso dei clienti che conosco di persona sia nella corrispondenza con clienti a centinaia di chilometri di distanza e che non ho mai incontrato. Ma ci sono delle eccezioni, soprattutto legate all’età, come nel caso della titolare di un’agenzia di traduzioni italiana che mi dà del Lei: ovviamente anch’io uso questa forma di cortesia, vista la differenza d’età.

La traduzione dal francese

Quando traduco dal francese, vous è la forma più utilizzata nel testo di partenza. Ma in italiano può essere tradotto con voi (seconda persona plurale), Lei e tu.

Come si fa a scegliere?
Dipende dal contesto – come per qualsiasi cosa nella traduzione! – e dalle preferenze di ciascun cliente. Per evitare di sbagliare e utilizzare uno stile improprio, sarebbe meglio avere un file in cui specificare le preferenze di ognuno. 😉

E tu? Quale registro usi con i tuoi clienti o collaboratori?

2 cose fondamentali per lavorare come traduttore freelance

Mi sono laureata l’11 luglio 2013 e ricorderò sempre l’entusiasmo del 110 e lode, le lacrime, gli abbracci, i regali e le promesse sul futuro di quel giorno.

E ricordo il periodo da neolaureata, quando l’esaltazione elettrizzante è inevitabilmente seguita da un turbine di aspettative su te stessa e di pressioni sull’avvenire più o meno esplicite da parte degli altri.

Ho sempre avuto le idee chiare sulla professione: lavorare come traduttrice freelance.

Ma il percorso per riuscire a farlo a tempo pieno prevedeva una serie di tappe: formazione continua, lavoro sul personal branding, ricerca e contatto di clienti, studio e tanta pratica.

Per lavorare come traduttore freelance, ci sono alcuni fattori essenziali che definirei scontati: le competenze linguistiche nelle lingue di partenza e nella lingua madre e i settori di specializzazione, perché non si può essere tuttologi.

Eppure, due elementi sono spesso sottovalutati, ma in realtà rappresentano due requisiti fondamentali per lavorare come traduttore freelance.

La Partiva Iva

Inutile girarci intorno: se non hai la Partita Iva, pochi ti considerano un professionista. Certo, all’inizio puoi lavorare con la ritenuta d’acconto, ma non riuscirai a tradurre a tempo pieno: si tratta di prestazioni occasionali, collaborazioni saltuarie e incarichi non continuativi.

Quando ho aperto la Partita Iva, le cose sono decisamente cambiate. Non solo è aumentato il flusso di lavoro, ma ho anche potuto trovare clienti all’estero, che oggi sono la maggior parte rispetto a quelli italiani, e sono soprattutto in Francia.

I CAT Tools

I CAT Tools sono software di traduzione assistita con cui è possibile aumentare la produttività. Attenzione! Non si tratta di traduzione automatica, come l’orrido Google Translate, bensì di programmi in cui viene importato il file di partenza che poi il traduttore traduce nella lingua di arrivo, salvando ogni frase in segmenti che diventano memorie di traduzione.

Ormai è quasi impossibile lavorare senza un CAT Tool, soprattutto Trados, perché le agenzie di traduzioni lo considerano un requisito preferenziale nella scelta di un traduttore a cui affidare un progetto.

All’inizio ero un po’ scettica, perché pensavo che i CAT Tools fossero utili soprattutto per tradurre testi molto tecnici caratterizzati da tantissime ripetizioni e per garantire l’uniformità della terminologia specifica (un po’ come fanno i glossari).

Certo, costano parecchio (Trados costa diverse centinaia di euro), ma è un investimento profittevole, perché il flusso di lavoro aumenta in modo esponenziale. L’uso della tecnologia è ormai essenziale ed è parte integrante del processo traduttivo.

In alcuni progetti non uso Trados, ad esempio nelle traduzioni per l’audiovisivo, però ammetto che si rivela molto utile anche nelle traduzioni per il turismo, dove la creatività non manca e lo stile è decisamente scorrevole, ben diverso da quello di un manuale d’uso. E quando mi capita di tradurre migliaia di parole, come un progetto di quindicimila parole concluso di recente, un buon 25% di ripetizioni che vengono confermate da Trados perché sono parti che ho già tradotto in precedenza consente di ottimizzare i tempi e aumentare la produttività.

Oggi è difficile che un traduttore professionista possa definirsi tale senza questi due elementi. Che ne pensi?

Traduttore freelance: quando dire di no a un cliente

 

Lo confesso, dire di no a un cliente non è facile, soprattutto quando si tratta di nuovi clienti che possono arricchire il nostro portfolio (e fatturato).

Di recente mi è capitato di rifiutare progetti di traduzione da due nuovi potenziali clienti. Il motivo? Settimane già completamente piene di traduzioni, revisioni e consegne che non mi avrebbero permesso di dedicarmi come si deve ad altri progetti corposi.

E se il cliente non mi contatta più? E se trova qualcun altro e decide di affidarsi a lui? E se…?

Sono tanti i dubbi che ci assillano in questi momenti. Anche perché poi ci sono quei periodi in cui il lavoro scarseggia e si tende ad accettare qualsiasi cosa pur di fatturare.
Invece dobbiamo imparare a fare pace con questa sorta di senso di colpa, perché ne va della nostra salute mentale e fisica.

Se lavori come traduttore freelance, ecco alcuni casi in cui dovresti dire di no a un cliente:
  • Le combinazioni linguistiche richieste per la traduzione non sono quelle con cui lavori tu.
  • Hai lavorato in passato con questo cliente che non ti ha ancora pagato o ti ha pagato con un ritardo imperdonabile e quindi non ti fidi.
  • Non credi che il progetto sia nelle tue corde, perché riguarda un settore in cui non sei specializzato o richiede competenze che non hai.
  • Il budget proposto per la traduzione è troppo basso. NO alle tariffe da fame!
  • Hai un carico eccessivo di lavoro, troppe consegne e scadenze da inseguire e sai che aggiungere un’altra traduzione senza avere il tempo necessario per svolgerla a dovere significa consegnare un lavoro non all’altezza.
  • Sei in vacanza ma controlli comunque le email. Ma se sei in vacanza, non accettare l’incarico! O meglio, puoi proporre una data di consegna che non coincida con il tuo periodo di (meritato) riposo.

In alcuni casi in cui si rifiuta una traduzione a malincuore, consiglio di suggerire una soluzione alternativa: fornire al cliente il contatto di un altro traduttore freelance adatto a svolgere quel particolare lavoro. Il networking serve anche a questo. 😉

E tu, cosa aggiungeresti? Ti è capitato di rifiutare un lavoro per altri motivi oltre a quelli che ho elencato?

11 richieste delle agenzie di traduzioni

Il traduttore freelance lavora per agenzie di traduzioni e clienti diretti.

Soprattutto quando si è alle prime armi, è preferibile cercare di collaborare con le agenzie di traduzioni che, nel migliore dei casi, forniscono un feedback sul lavoro svolto e danno la possibilità di migliorarsi costantemente.

Ma bisogna armarsi di pazienza e cercare di contattare un numero esorbitante di agenzie per avviare collaborazioni interessanti e redditizie.

In genere, ci lasciamo scoraggiare quando inviamo un’email di presentazione e il curriculum a un’agenzia e non riceviamo una risposta. Infatti le agenzie di traduzioni ricevono innumerevoli richieste di collaborazione da parte dei traduttori e non rispondono a tutti, bensì soltanto a quelli che soddisfano i requisiti richiesti.

Bisogna fare ricerche mirate. È inutile contattare un’agenzia che si occupa soltanto di traduzioni legali e finanziarie se non traduciamo in quei settori: è solo una perdita di tempo per noi e per l’agenzia in questione che ignora l’email o la cestina immediatamente.

Non solo lingue e specializzazioni

Le combinazioni linguistiche e i settori di specializzazione sono imprescindibili. Presentarsi come tuttologi non è una buona idea, anche perché è impossibile saper tradurre testi di qualsiasi argomento e offrire la stessa qualità. Quindi è meglio specializzarsi in determinati settori (pochi!).

Ma quali sono le richieste specifiche delle agenzie di traduzioni?

Oltre agli elementi basilari, cioè il curriculum e le tariffe applicate dal traduttore, un altro fattore determinante è l’uso dei CAT Tools, gli strumenti di traduzione assistita. Trados è il più richiesto dal mercato, quindi investire nell’acquisto può rivelarsi profittevole.

Qui di seguito troverai una lista di ciò che un’agenzia di traduzioni cerca in un traduttore freelance. Non tutte hanno queste esigenze, ma l’elenco include le varianti possibili e immaginabili. 😉

  • Il curriculum
  • Le tariffe (a parola / a cartella / a ora)
  • Uso di CAT Tools (preferibilmente SDL Trados Studio)
  • Modulo di collaborazione da compilare
  • Referenze
  • Test di traduzione
  • Copia del diploma di laurea
  • Firma di un NDA (accordo di riservatezza e non divulgazione)
  • Esempi di traduzioni svolte in passato
  • Eventuali servizi aggiuntivi (e rispettive tariffe): interpretariato, revisione, post-editing, desktop publishing, sottotitolazione, transcreation
  • Iscrizione al portale dell’agenzia

Possono subentrare anche altri elementi, come l’accettazione da parte del traduttore dei termini di pagamento dell’agenzia…

E a te è mai capitato di ricevere ulteriori richieste da parte di un’agenzia di traduzioni? Che cosa aggiungeresti a questa lista?

8 desideri di un traduttore freelance per Natale

Con l’arrivo del Natale e della fine dell’anno, tendiamo a fare un bilancio dei mesi passati sia sul piano personale sia su quello professionale.

Ti capiterà di leggere un po’ ovunque la lista dei propositi per l’anno nuovo, un modo di mettere per iscritto i propri obiettivi al fine di realizzarli.
Ma poi… chi si affanna a trascrivere i nuovi propositi, torna a rileggere la lista per verificare il raggiungimento degli obiettivi prefissati?

Una cosa è certa: un desiderio generico non si tradurrà automaticamente nel risultato sperato. Bisogna visualizzarlo e renderlo misurabile, circoscriverlo, esprimerlo in modo specifico e dettagliato.

Un esempio?
Se vuoi un fatturato più alto per la tua attività, tendi a pensare: “vorrei guadagnare di più”. Invece prova a dire “devo aumentare il fatturato di (*) euro”. Cioè: stabilisci una cifra. E poi datti da fare per realizzare l’obiettivo.

Sono tanti i desideri di un traduttore freelance: aspirazioni, sogni, obiettivi, ambizioni che si sovrappongono nella sua mente.

Ecco una breve (!) lista di desideri che il traduttore freelance vorrebbe realizzare. Magari la magia del Natale farà la sua parte…

  1. Ricevere una risposta alle email inviate ai potenziali clienti.
  2. Non avere problemi e bug al computer, alla connessione e al CAT tool.
  3. Trovare più clienti.
  4. Preparare preventivi che vengono confermati dai potenziali clienti.
  5. Avere un flusso di lavoro stabile.
  6. Ricevere puntualmente il saldo delle fatture da parte dei clienti.
  7. Gestire le consegne e le scadenze fiscali con più tranquillità.
  8. Vedere che gli altri hanno una maggiore consapevolezza del tuo lavoro.

Come vedi, si tratta di desideri piuttosto generici che accomunano un po’ tutti i traduttori.
Ma non credere che Babbo Natale li nasconda nel suo sacco e te li farà trovare sotto l’albero…

Wish for it. Work for it.

Come dice Enrica Crivello, sperare non basta. Bisogna agire.
Perché un grande spoiler ti attende al varco: se rileggi attentamente la lista, ti accorgerai che gran parte di questi desideri dipende da te, dal tuo atteggiamento, da ciò che fai in prima persona.
Nessuno può realizzare i tuoi obiettivi al tuo posto, né Yoda e neppure Babbo Natale.

Un sollecito di pagamento, una email di follow up, una telefonata al cliente, una conversazione con le persone a te vicine per spiegare (anche per l’ennesima volta!) in cosa consiste il tuo lavoro: sono piccoli gesti importanti che devi fare tu.

"Sempre per te non può essere fatto." (Yoda)

“Sempre per te non può essere fatto.” (Yoda)

 

Quali sono i tuoi desideri per Natale? Che cosa desideri trovare sotto l’albero?
E cosa aggiungeresti a questa lista?

Di riservatezza, segreto professionale e invisibilità

Ho letto il post di Carlotta Cabiati e mi sono fermata a riflettere sul concetto di riservatezza.

La riservatezza è una prerogativa imprescindibile della professione del traduttore.
Non intendo dire che il traduttore sia una persona schiva e riservata (anche se spesso è così), bensì che applica il concetto di riservatezza in ogni ambito della sua professione.

I traduttori firmano una quantità impressionante di accordi di riservatezza e non divulgazione. Che si tratti di agenzie di traduzione o clienti diretti, molti di questi chiedono al traduttore freelance di firmare un accordo per tutelare la riservatezza dei contenuti trattati prima di affidare un incarico di traduzione.

Questi NDA obbligano il traduttore a non condividere informazioni confidenziali che possono riguardare segreti industriali, dati sensibili o qualsiasi informazione di carattere commerciale o di altra natura che il cliente intende custodire.

Tali accordi possono generare alcune difficoltà pratiche per il traduttore che, alla luce di clausole piuttosto restrittive, non può ad esempio fornire una referenza specifica o un campione di una traduzione effettuata in passato in un determinato settore a un’agenzia di traduzione nonché potenziale cliente con cui intende avviare una collaborazione.

Ma ci sono anche altri grattacapi di natura analoga con cui il traduttore deve misurarsi quasi ogni giorno.
Un esempio: il traduttore lavora al progetto X per il cliente Y. Quando familiari, amici, parenti, conoscenti, curiosi eccetera gli chiedono “di cosa ti occupi al momento?”, “a cosa stai lavorando?”, la risposta è alquanto generica: il traduttore non si sente autorizzato a riferire il nome del cliente o a illustrare nel dettaglio il progetto. E la cosa importante è che ciò accade anche quando il traduttore non ha firmato un accordo di non divulgazione.

Perché?
Proprio per la riservatezza che fa parte dell’atteggiamento professionale e che non necessita di un accordo scritto per essere tale.

Ad esempio, io mi limito a dire che sto traducendo una brochure dal francese all’italiano per un’agenzia francese. E quel velo di invisibilità che avvolge la figura del traduttore anche in virtù dei segreti che custodisce professionalmente aggiunge un’ulteriore dose di mistero e di incomprensione diffusa della professione agli occhi degli altri.

Eppure a un avvocato non viene chiesto il nome del cliente a cui presta assistenza legale… oppure sì?

Insomma, quando raccontiamo il lavoro che facciamo dobbiamo tener conto di certi limiti. Che ne pensi?

Giornata Mondiale della Traduzione: a te la parola!

Oggi è la Giornata Mondiale della Traduzione. Per celebrare l’occasione, ho preparato un questionario per traduttori con alcune domande dedicate alla nostra professione. Anche se siamo professionisti che rimangono dietro le quinte della comunicazione, penso che sia giusto ricordare – almeno oggi! – che il nostro contributo lascia un segno nel mondo.

Le risposte alle domande del questionario sono decisamente ricche di spunti, come leggerai qui di seguito.
Grazie di cuore alle colleghe che hanno partecipato! Il contributo di ciascuna di voi è un’ispirazione perché, malgrado le difficoltà e alcuni disagi tipici della professione, la traduzione è libertà: consente a tutti di varcare confini altrimenti invalicabili.

Ecco i contributi delle traduttrici che hanno compilato il questionario.

Debora Serrentino

Le tue combinazioni linguistiche: Inglese > Italiano
La tua parola preferita (in italiano o in un’altra lingua di lavoro): Filologia, che è stata anche la mia specializzazione all’università.
Perché ami tradurre? Per due motivi: ho sempre sognato di farmi pagare per leggere. Inoltre amo le parole: l’origine, la storia, lo sviluppo, come cambia l’uso nel tempo.
Cosa non ti piace della tua professione? Per ora il non piacere si limita ad alcune specializzazioni (ad es. la finanziaria) per il resto il mio lavoro mi piace davvero.
“Traduco, ergo sumus” (Traduco, dunque siamo). Per te cosa significa? La traduzione unisce le persone nello spazio e nel tempo.
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Giuseppina De Vita

Le tue combinazioni linguistiche: Spagnolo > Italiano, Francese > Italiano
La tua parola preferita (in italiano o in un’altra lingua di lavoro): Comunicazione.
Perché ami tradurre? Perché ritengo che la traduzione sia metafora della costruzione di ponti che uniscono le terre, perché solo tramite essi la cultura diventa “universalmente usufruibile”. Partecipare a queste costruzioni tra le infinite Babeli odierne mi gratifica e appassiona, ecco perché amo il mio lavoro!
Cosa non ti piace della tua professione? Le deadline sempre troppo vicine!
“Traduco, ergo sumus” (Traduco, dunque siamo). Per te cosa significa? Traduco, dunque mi sento parte integrante della trasmissione culturale. Traduco, dunque mi sento viva. Traduco, dunque mi sento semplicemente me stessa. Traduco, ergo cogito, ergo sum.

Anna Gallo

Le tue combinazioni linguistiche: Inglese > Italiano, Francese > Italiano
La tua parola preferita (in italiano o in un’altra lingua di lavoro): Transcultural.
Perché ami tradurre? È sempre una sfida riuscire a trasportare un testo da source a target… e anche se le perdite nella traduzione sono inevitabili, è soddisfacente e gratificante, poi, aver superato gli ostacoli giungendo al testo di arrivo.
Cosa non ti piace della tua professione? Il poco tempo a disposizione, a volte, per rivedere bene il lavoro!
“Traduco, ergo sumus” (Traduco, dunque siamo). Per te cosa significa? Avere un testo a disposizione nella propria lingua è un aiuto immenso. Quindi anche se la perdita di qualcosa è inevitabile nella traduzione, i traduttori sono un po’ dei traghettatori, conducono le persone in un nuovo mondo, assaporando un’altra cultura, rendendola più vicina.

Francesca Felici

Le tue combinazioni linguistiche: Portoghese brasiliano > Italiano, Inglese > Italiano
La tua parola preferita (in italiano o in un’altra lingua di lavoro): Saudade.
Perché ami tradurre? Perché ogni traduzione è un mondo da scoprire che amplia i miei orizzonti.
Cosa non ti piace della tua professione? Tradurre testi mal scritti (purtroppo mi capita frequentemente).
“Traduco, ergo sumus” (Traduco, dunque siamo). Per te cosa significa? Il lavoro del traduttore è essenziale per la comunicazione, il confronto delle opinioni e lo sviluppo delle idee.
Facebook

Marta Scultz

Le tue combinazioni linguistiche: Inglese > Italiano, Spagnolo > Italiano
La tua parola preferita (in italiano o in un’altra lingua di lavoro): Serendipity.
Perché ami tradurre? Vorrei dire che amo tradurre per aiutare gli altri a capire un testo scritto in una lingua diversa, ma in realtà è perché mi piace da morire il lavoro di ricerca per la parola giusta al posto giusto.
Cosa non ti piace della tua professione? Cosa pensano di questa professione chi non è del settore.
“Traduco, ergo sumus” (Traduco, dunque siamo). Per te cosa significa? Per me tradurre è una forma d’arte, un modo per esprimere chi sono.
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Francesca Manicardi

Le tue combinazioni linguistiche: Inglese, Tedesco, Francese > Italiano
La tua parola preferita (in italiano o in un’altra lingua di lavoro): Wanderluster.
Perché ami tradurre? Mi piace analizzare i termini stranieri e fare ricerca per il corrispondente italiano più appropriato. Mi piace l’idea di poter aprire a chi non conosce le mie lingue di lavoro un mondo nuovo.
Cosa non ti piace della tua professione? Il fatto che spesso è bistrattata, non ben definita, regolamentata e conosciuta e che tra i colleghi ci sia poco spirito di condivisione e collaborazione.
“Traduco, ergo sumus” (Traduco, dunque siamo). Per te cosa significa? Le lingue sono l’espressione delle rispettive culture e traducendo si fanno conoscere alle persone che non le sanno nuovi modi di vivere, pensare, percepire la realtà.
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Patrizia Galletti

Le tue combinazioni linguistiche: Inglese > Italiano, Francese > Italiano, Spagnolo > Italiano
La tua parola preferita (in italiano o in un’altra lingua di lavoro): Piropo.
Perché ami tradurre? Perché vivo mille vite, vedo mille mondi.
Cosa non ti piace della tua professione? La solitudine.
“Traduco, ergo sumus” (Traduco, dunque siamo). Per te cosa significa? Siamo liberi di varcare i confini.

Chiara Bartolozzi

Le tue combinazioni linguistiche: Inglese > Italiano, Spagnolo > Italiano, Cinese > Italiano
La tua parola preferita (in italiano o in un’altra lingua di lavoro): Al momento sono fissata con “ELYSIAN”.
Perché ami tradurre? Perché tradurre mi permette di vedere la stessa cosa da due (o più) prospettive diverse. Come l’attore che sale sul palco, interpreti un ruolo. Devi entrare nell’ottica del testo che hai davanti. C’è la sfida di essere in grado di comprenderlo nella sua interezza, per come è stato pensato e redatto e riportarlo in un’altra lingua (solitamente la tua, ma nel caso di traduzioni attive è bello anche mettersi alla prova pensando e producendo in una lingua diversa dalla propria).
Cosa non ti piace della tua professione? La lotta continua per guadagnare credibilità. Le cose stanno migliorando, ma ancora fatichiamo per farci valutare nel modo giusto e per avere una tutela adeguata. Ci sono molti settori dove ancora si fa fatica a far capire l’importanza che ha l’avvalersi di un professionista che si occupi della traduzione (di testi, materiale vario, cataloghi, siti, ecc.) e di tutto il lavoro più o meno direttamente collegato a una lingua straniera.
“Traduco, ergo sumus” (Traduco, dunque siamo). Per te cosa significa? Che siamo tutti interconnessi. La traduzione ci permette di essere chi siamo ed essere compresi anche all’esterno. Il pensiero di uno – messo per iscritto – diventa il pensiero di molti (esagerando potrei azzardare un “di tutti”) ed è messo a disposizione della comunità.
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Elisa Copetti

Le tue combinazioni linguistiche: Croato, Serbo, Bosniaco > Italiano
La tua parola preferita (in italiano o in un’altra lingua di lavoro): Utočište.
Perché ami tradurre? Perché mi piace ricreare atmosfere.
Cosa non ti piace della tua professione? Il non guadagno.
“Traduco, ergo sumus” (Traduco, dunque siamo). Per te cosa significa? Molteplicità, differenza, comunità.
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Giuseppina Franich

Le tue combinazioni linguistiche: Inglese > Italiano
La tua parola preferita (in italiano o in un’altra lingua di lavoro): Lettura.
Perché ami tradurre? Perché amo leggere e talvolta si ha l’impressione di ricreare, collaborare alla stesura di un testo.
Cosa non ti piace della tua professione? Bisogna essere competitivi e io non lo sono.
“Traduco, ergo sumus” (Traduco, dunque siamo). Per te cosa significa? Dare un significato al proprio lavoro che contribuisce alla diffusione e conoscenza dei testi – in breve, alla cultura.

Clara Giampietro

Le tue combinazioni linguistiche: Inglese, Spagnolo, Russo > Italiano
La tua parola preferita (in italiano o in un’altra lingua di lavoro): Mare.
Perché ami tradurre? Traduco perché amo le parole. Traduco perché amo la mia lingua, l’italiano. Traduco perché la traduzione è parte di me, come il colore dei miei occhi. Traduco perché la traduzione mi fa sentire libera. Traduco per capire come funzionano le cose. Traduco per restituire un po’ di quello che ho imparato e che continuo a imparare.
Cosa non ti piace della tua professione? Seppure nell’ambito dei miei settori di specializzazione, preferisco variare il tipo di testi e argomenti da tradurre. Non amo molto quando mi capita di tradurre le stesse cose ripetutamente.
“Traduco, ergo sumus” (Traduco, dunque siamo). Per te cosa significa? Si è sempre tradotto e si tradurrà sempre. Libri, film, telefoni, dispositivi, automobili, macchinari, documenti, app, software, informazioni e molto altro ancora: la traduzione è una costante della nostra vita. È alla base di tutto ciò che siamo, pensiamo e facciamo, perché tradurre è comunicare. Quindi, la comunicazione esiste anche grazie al lavoro dei traduttori.
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Vuoi fare il traduttore? Ecco cosa non insegna l’università

Per intraprendere la professione del traduttore, la laurea in Mediazione Linguistica o in Traduzione Specialistica è una solida base da cui partire.
Ma i primi entusiasmi derivanti dalla fresca laurea conseguita vengono spesso sostituiti dallo sconforto dovuto allo scontro con il mondo del lavoro: nessuno ti conosce, sei soltanto il nuovo arrivato, come farai a realizzare il tuo sogno di lavorare come traduttore professionista?

Perché la laurea è di certo una tappa importante, ma non un traguardo. È il punto di partenza.

I corsi universitari atti a preparare futuri traduttori professionisti offrono moltissimo, alla luce del percorso formativo dello studente che va dalla teoria della traduzione a tanta pratica, dalla grammatica e dalle strutture linguistiche alla terminologia; non manca poi un minimo di formazione sui CAT tools, nonché alcune discipline non strettamente connesse con la traduzione.

Tuttavia, una volta terminati gli studi universitari, il neolaureato in Traduzione rimane scoraggiato da un mercato davvero saturo e teme che non ci sia posto per lui.

Perché malgrado gli esami e la tesi brillantemente superati, ti rendi conto che l’università non ti insegna tutto ciò che dovresti sapere per lavorare come traduttore freelance. Manca qualcosa di fondamentale: l’aspetto commerciale.

Riassumo in questi punti le domande che assillano gli aspiranti traduttori:

  • Come scrivere un curriculum efficace
  • Come contattare potenziali clienti
  • Dove trovare potenziali clienti
  • Come fare esperienza
  • Come promuoversi online
  • Personal branding e content marketing
  • Contabilità e fatturazione
  • Servizio clienti

Ricordo un professore dell’università che voleva farci guardare in faccia la realtà dicendo cose che a molti sembravano finalizzate a scoraggiarci. La frase che aveva l’abitudine di ripetere a un gruppo di circa venti studenti in traduzione era: “Fra di voi, soltanto due o tre persone faranno questa professione.”

E aveva ragione perché, come spesso accade, molti cambiano idea, altri colgono ulteriori opportunità che non hanno niente a che fare con la traduzione, altri semplicemente rinunciano.

Allora cosa fare per non perdere di vista l’obiettivo?
Devi andare oltre ciò che hai imparato all’università e cercare autonomamente tutte le informazioni di cui hai bisogno per iniziare a lavorare come traduttore freelance.

Ad esempio, puoi cominciare a fare un po’ di pratica con le traduzioni volontarie per il no-profit, come spiegano le doppioverso in questo post.
Puoi lavorare su te stesso per capire in quali settori specializzarti. A questo proposito, segui i consigli di Federica Bruniera.

Certo, la strada è tutta in salita, ma ricorda:

Qualunque cosa tu possa fare, qualunque sogno tu possa sognare, comincia.
Johann Wolfgang von Goethe