Le voci nella testa

Molti studi sottolineano i benefici del bilinguismo, tra cui la capacità di identificare più facilmente la voce di qualcuno rispetto a chi parla una sola lingua: l’attenzione non è posta soltanto su ciò che si ascolta, ma vengono anche elaborate informazioni su chi parla.

Magari non sei bilingue, quindi non hai un genitore che parla un’altra lingua, né hai una conoscenza assolutamente perfetta di due lingue. Eppure io credo che la conoscenza approfondita di una lingua straniera possa contribuire a qualcosa di simile.

Esercitare ogni giorno l’ascolto della lingua straniera per lavoro e per interesse personale può renderti più sensibile all’ascolto della voce umana.

C’è chi ricorda facilmente un volto dopo averlo visto una volta soltanto e riesce ad apprendere ed elaborare meglio le informazioni grazie alla memoria visiva. Ma la stessa cosa avviene attraverso l’ascolto, che ti consente di memorizzare e archiviare le informazioni. Come quando scopri una parola straniera per te nuova e per ricordarla la pronunci ad alta voce diverse volte, oppure la ascolti a ripetizione. E così riesci a ricordare per sempre il suo significato.

All’inizio dell’anno ho visto l’ultima stagione di Sherlock, che ha introdotto gradualmente un personaggio femminile fondamentale nella serie e di cui abbiamo scoperto l’identità con un misto di stupore e meraviglia.
Quella rapida occhiata nella prima puntata mi aveva lasciato la sensazione “Dove ho già visto quest’attrice?”. Ma non ho approfondito temendo gli spoiler su Sherlock.

"Faith"

“Faith”

Per me la rivelazione è stata durante il secondo episodio, quando viene introdotto il personaggio di “Faith” Smith nello studio di Sherlock. Mentre lei parlava, è scattato qualcosa nel mio cervello: ho immediatamente riconosciuto la voce.

Era la stessa attrice che ho visto nell’Amleto con Benedict Cumberbatch a ottobre 2015. All’epoca ero seduta in fondo alla platea del Barbican Theatre di Londra e, anche se la visuale era ottima, gli attori sul palco erano piuttosto distanti.

Lei interpretava Ofelia e, dopo più di un anno da quando l’avevo vista recitare, ricordavo benissimo la sua voce. Anche se sia sul palco del Barbican che in Sherlock indossava una parrucca e i suoi lineamenti erano alterati dal trucco, come quello della psicologa di John Watson nell’episodio 4X02. Ottima mimesi e ottimo lavoro con la voce per interpretare diversi personaggi (in Sherlock era quattro donne diverse, o meglio una donna e tre identità fasulle).

Ma per me l’ascolto ha prevalso e, nonostante le parrucche e l’eccezionale trasformismo del personaggio, alla fine il colpo di scena per me non c’è stato semplicemente perché l’avevo riconosciuta dalla voce.

Ofelia

Ofelia

Qualcosa di simile accade quando guardo film e serie tv doppiati in italiano. Cercare di riconoscere i vari doppiatori è diventato una sorta di automatismo che in effetti mi distrae per qualche secondo da ciò che accade sullo schermo, perché mi concentro inevitabilmente sulla voce.
Riconosco subito il doppiatore italiano e lo associo agli attori a cui presta di solito la sua voce, come se nella testa avessi degli scompartimenti ad hoc per le voci che ascolto. 😀

Non so se sia una cosa diffusa, però credo che parlare lingue diverse e una certa predisposizione verso le lingue straniere possano aiutarti a identificare e riconoscere qualcuno semplicemente dalla voce.

Tu che ne pensi? Ti è capitato qualcosa di simile?

Cos’è la localizzazione? Te lo spiega Romeo Er Mejo der Colosseo

La localizzazione può essere un concetto complesso per i non addetti ai lavori. Allora cerco di darti una spiegazione chiara e semplice in proposito grazie a un personaggio che sicuramente conosci.

Parlo di Romeo, “Er Mejo der Colosseo”!
Romeo, l’irresistibile gatto randagio de Gli Aristogatti, è uno dei migliori esempi di localizzazione.

Nella versione italiana del classico Disney, il gatto si chiama Romeo, è italiano e la sua verve accattivante deriva soprattutto dal fatto che è romano. Con la sua parlata romanesca, Romeo ha conquistato tutti noi, ci ha fatto ridere da bambini e diverte ancora oggi.

Ma nella versione originale de Gli Aristogatti il fulvo gatto randagio si chiama Thomas O’Malley ed è un gatto irlandese.

Romeo è un esempio perfetto del processo di localizzazione, cioè un vero e proprio adattamento di un prodotto o servizio a una cultura o nazione diversa dall’originale.
Il target di riferimento nel nostro caso è rappresentato dai bambini italiani che guardano i film Disney. Mantenere il nome originale del gatto e la sua nazionalità irlandese non avrebbe fatto emergere la diversa estrazione sociale dei gatti protagonisti: da un lato Duchessa e i suoi micetti, gatti istruiti di una ricca signora, dall’altro il gatto randagio ed emigrato, fiero della sua vita di strada.

Così con l’adattamento e il doppiaggio italiano è stato fatto un ottimo lavoro. Mentre l’accento irlandese di Thomas contrasta con il leggero accento francese della sofisticata Duchessa, nella versione italiana questa differenza è sottolineata dall’italiano perfetto di Duchessa e dal dialetto romanesco di Romeo.

Quindi il bambino italiano riesce facilmente a capire ciò che differenzia i gatti proprio grazie alla localizzazione.

Tutto cambia già a partire dalla canzone che ci introduce Romeo “Er Mejo der Colosseo”, che in inglese diventa “Thomas O’Malley, The Alley Cat”.
Guardala qui sotto. Scoprirai anche l’intero nome del gatto (Abraham de Lacy Giuseppe Casey Thomas O’Malley). ↓