10 anni di lavoro come traduttrice

Il 2024 è un anno ricco di mutamenti sul piano personale e professionale.
In questo post mi limito a condividere la mia esperienza, lungi da me ampliare il discorso a tutte le questioni geopolitiche e ambientali che stiamo vivendo.
Il 2024 è l’anno in cui festeggio 10 anni di Partita Iva: 10 anni di lavoro come traduttrice freelance.

Ho aperto la Partita Iva come libera professionista nell’estate del 2014 e, nel corso di questi anni, il mio settore è cambiato molto soprattutto con l’evoluzione tecnologica che ha investito molte industrie, non soltanto la traduzione.

I progressi della tecnologia sono sotto gli occhi di tutti, ma è anche vero che accompagnano la nostra vita praticamente da sempre.

Del resto, l’ultima volta che ho tradotto con carta e penna, senza usare un computer e con il solo ausilio di dizionari cartacei risale ai tempi dell’università.

Il mondo del lavoro era ben diverso già quando ho cominciato: uso sistematico del pc, risorse, glossari e dizionari online, strumenti di traduzione assistita ovvero, nel mio caso, SDL Trados Studio, MemoQ, XTM Workbench e Memsource. Ancora oggi occorre sottolineare ai non addetti ai lavori che questi strumenti non sono traduttori automatici.

A tal proposito, impossibile sorvolare sul fatto che i progressi della traduzione automatica e l’avvento dell’IA hanno determinato un mutamento enorme nel mio settore, con relativo abbattimento dei costi, proliferazione di contenuti e violazione di copyright sistematica.

In occasione della Giornata Mondiale della Traduzione, quest’anno la FIT sottolinea che la traduzione è un’arte da proteggere. La parola chiave è proprio questa: arte.

La traduzione ha necessariamente a che fare con un approccio artigianale, non può prescindere dalla creatività umana. Chi sostiene il contrario e decide di rinunciare al professionista della parola per tradurre contenuti e pagare cifre irrisorie è qualcuno che si accontenta, che opta per l’approccio “purché si capisca”, con risultati raffazzonati che non tengono conto di sfumature e sensibilità culturale.

Chi ha a cuore la comunicazione sceglierà sempre un professionista umano o, perlomeno, l’intervento umano sul testo che garantisce la qualità.

Se ci fosse un errore, da un banale refuso a una grave incongruenza nel testo di partenza, il traduttore umano lo sottolineerebbe al cliente. Se ci fossero passaggi ambigui, il traduttore umano farebbe domande al cliente, chiederebbe chiarimenti.
Una soluzione automatizzata converte e basta.

Settori creativi come il marketing e il turismo hanno bisogno del traduttore umano per giochi di parole, rime, tono di voce e tanti altri aspetti. Non si tratta solo di correttezza e coerenza terminologica, ossia gli elementi più evidenti agli occhi dei clienti.

Assumeresti un farmaco dopo aver letto il foglietto illustrativo tradotto da una macchina e non da un traduttore specializzato nel settore medico?
Firmeresti un contratto le cui clausole sono state interamente tradotte in modo automatizzato e non da un traduttore esperto in ambito giuridico?
Affideresti i dati sensibili del bilancio finanziario della tua azienda all’intelligenza artificiale che li userà per autoaddestrare il suo motore?

Guardando indietro

Non lo nascondo. Le incognite del mio settore sono tante. Ma lo sono sempre state.

Se mi guardo indietro, in questi dieci anni di lavoro come traduttrice non sono mancati alti e bassi: enormi flussi di lavoro alternati a giorni miseri, stress prolungato con effetti sul benessere psicofisico, una pandemia, i pregiudizi sulla Partita Iva per ottenere un appartamento in affitto.

Ci sono stati ritardi nei pagamenti o clienti a cui ho rinunciato perché le tariffe e i ricavi erano troppo bassi per garantirmi uno stile di vita sostenibile. Ma ci sono anche clienti a cui sono molto legata per la collaborazione pluriennale e proficua oppure per i marchi prestigiosi per cui traduco.

Sono una professionista che non si ferma per una o due settimane di vacanza, dato che ciò corrisponderebbe a non fatturare e non guadagnare.

Però il mio lavoro mi dà anche la possibilità di prendermi cura dei miei familiari e del mio cane senza dover chiedere permessi speciali o ferie, i mezzi per sponsorizzare un evento culturale a me caro, il privilegio di partire per un weekend o per un paio di giorni durante la settimana per assistere a uno spettacolo teatrale o un concerto a centinaia di chilometri di distanza, riuscendo a conciliare i tempi di svago e di lavoro.

Non ho la tredicesima né la quattordicesima, ma ho il mio equilibrio. Ho realizzato un sogno personale che accarezzavo da tempo e che ha visto la pubblicazione proprio quest’anno, che non è uno degli anni più belli per quanto mi riguarda.

E guardando avanti?

Mi auguro di continuare a fare questo lavoro. Come ho scritto in passato, il traduttore vive nel futuro grazie ai contenuti a cui lavora nella vita quotidiana. Però fare una retrospettiva è più facile rispetto a proiettarsi nell’avvenire.

Perché il futuro è una nebulosa. Non per i traduttori, ma per tutti noi.
La cosa essenziale è non perdere di vista queste parole scritte sul blog qualche anno fa:

Conterai sempre sull’amore per il tuo lavoro, per la traduzione, una certezza incrollabile che ti prenderà per mano e ti accompagnerà a compiere il prossimo passo verso il futuro.

4 anni di Partita Iva

Ho aperto la Partita Iva un pomeriggio di quattro anni fa. Mentre andavo allo studio del commercialista, le strade erano deserte perché tutti stavano guardando una partita dell’Italia ai Mondiali.

Quattro anni dopo, mi guardo alle spalle e vedo la strada che ho percorso: salite, spesso molto ripide, discese, tratti pianeggianti, altri irti di ostacoli. Punti in cui sono inciampata, sono caduta e mi sono rialzata. Vedo le mie impronte a volte esitanti e poi sempre più decise nel seguire la direzione scelta con consapevolezza.

Il mio percorso è probabilmente simile a quello di altri freelance, ma in realtà ognuno si distingue in qualcosa: gli errori, le scelte, gli incontri, le delusioni, i traguardi, la paura, la determinazione, il coraggio.

La parola chiave? Perseveranza.

Le cose sono cambiate molto in quattro anni di libera professione. E sono cambiata io.

In questi anni di lavoro come traduttrice freelance ho imparato tanto.

L’entusiasmo iniziale era sempre accompagnato dalla paura. Di non farcela, di non riuscire a pagare le tasse (soprattutto quando arriva la mazzata del secondo anno di libera professione), di deludere me stessa e gli altri.

Il segreto? Rimboccarsi le maniche, fare, agire. Sempre.

Anche nei periodi di magra, quando non arrivano richieste dai committenti, né le risposte di potenziali clienti, i giorni passano e sembra di non concludere nulla.

Ma ho imparato che c’è sempre qualcosa da fare. Aggiornare il curriculum, contattare potenziali clienti, seguire attività di formazione professionale, curare la comunicazione online con post sul blog e l’aggiornamento dei profili. E poi vedere gente, stringere mani e darsi sempre da fare.

Nei primi mesi di lavoro come freelance ho fatto qualche esperienza di interpretariato per aumentare il fatturato o riempire periodi vuoti. Sono state esperienze stimolanti che mi hanno arricchito come persona e come professionista, ma ho sempre saputo che la mia strada era una soltanto: la traduzione.

E quando i clienti sono aumentati, l’entusiasmo e la passione mi inducevano a dire di sì alla traduzione urgente che richiedeva orari di lavoro improponibili, tarda sera e fine settimana compresi, a progetti che non mi entusiasmavano ma che mi aiutavano ad aumentare il fatturato, a collaborazioni con il committente che non tiene conto del ritmo di lavoro del freelance e pensa che sia disponibile in qualsiasi momento, anche se gli manda una richiesta alle 22:00.

Poi ho finalmente capito che un ritmo di vita di questo tipo non è sostenibile. Né per me né per chi mi è accanto. Così ho iniziato a dire i primi no e, sorpresa! Il mondo non è crollato.

Ho imparato a rifiutare progetti che non sono nelle mie corde, lavori non compatibili con i tempi di consegna delle altre traduzioni, visto che la giornata è di 24 ore ma non significa che bisogna lavorare 24 ore al giorno.

Ho detto di no a condizioni di collaborazione che non mi soddisfacevano e ho acquisito una maggiore sicurezza anche in situazioni spiacevoli che possono capitare.

Se un cliente ritardava il pagamento della fattura, all’inizio mi sentivo in imbarazzo nel sollecitarlo. Ma poi ho capito che non c’è niente di imbarazzante nel chiedere ciò che ti è dovuto. Se ho svolto un ottimo lavoro nelle condizioni stabilite e consegnato la traduzione nei tempi concordati, il cliente è tenuto a pagarmi nei tempi pattuiti, giusto?

Può sembrare una domanda sciocca, ma è importante ricordare che il freelance non lavora né per passione né per hobby. Non lavora per arrotondare, ma per fatturare. E che non sono i like e i follower a indicare che un’attività sta funzionando. È il fatturato. O meglio, il fatturato che cresce.

Grazie al fatturato in crescita, ho imparato a fare i giusti investimenti, come l’acquisto di SDL Trados Studio che è imprescindibile per un traduttore freelance.

E soprattutto ho imparato a dare il giusto valore alla risorsa più preziosa del freelance: il tempo.

Tempo da dedicare alla parte produttiva vera e propria, ossia la traduzione, ma anche alla contabilità, al personal branding, alla formazione, al networking.

E il tempo per sé. Staccare per andare a passeggiare con la cagnolina, per bere un caffè con un’amica, per partire per Roma e trascorrere tempo prezioso con la sorella gemella. Programmare un viaggio, una serata a teatro, leggere, andare al cinema.

Insomma, trovare l’equilibrio. Ci vogliono anni, ma è possibile. Continuando ad avere ambizioni, a fissare obiettivi e a lavorare sodo per raggiungerli. Continuando a crescere.

Perché non ci sarà mai un giorno in cui sentirò di “essere arrivata”. La parola successo è effimera. Perché anche se la mia attività è cresciuta molto, ciò che conta davvero è l’impegno, il sudore, la costanza, l’autodisciplina e il movimento verso la direzione scelta.

La strada continua.

2 cose fondamentali per lavorare come traduttore freelance

Mi sono laureata l’11 luglio 2013 e ricorderò sempre l’entusiasmo del 110 e lode, le lacrime, gli abbracci, i regali e le promesse sul futuro di quel giorno.

E ricordo il periodo da neolaureata, quando l’esaltazione elettrizzante è inevitabilmente seguita da un turbine di aspettative su te stessa e di pressioni sull’avvenire più o meno esplicite da parte degli altri.

Ho sempre avuto le idee chiare sulla professione: lavorare come traduttrice freelance.

Ma il percorso per riuscire a farlo a tempo pieno prevedeva una serie di tappe: formazione continua, lavoro sul personal branding, ricerca e contatto di clienti, studio e tanta pratica.

Per lavorare come traduttore freelance, ci sono alcuni fattori essenziali che definirei scontati: le competenze linguistiche nelle lingue di partenza e nella lingua madre e i settori di specializzazione, perché non si può essere tuttologi.

Eppure, due elementi sono spesso sottovalutati, ma in realtà rappresentano due requisiti fondamentali per lavorare come traduttore freelance.

La Partiva Iva

Inutile girarci intorno: se non hai la Partita Iva, pochi ti considerano un professionista. Certo, all’inizio puoi lavorare con la ritenuta d’acconto, ma non riuscirai a tradurre a tempo pieno: si tratta di prestazioni occasionali, collaborazioni saltuarie e incarichi non continuativi.

Quando ho aperto la Partita Iva, le cose sono decisamente cambiate. Non solo è aumentato il flusso di lavoro, ma ho anche potuto trovare clienti all’estero, che oggi sono la maggior parte rispetto a quelli italiani, e sono soprattutto in Francia.

I CAT Tools

I CAT Tools sono software di traduzione assistita con cui è possibile aumentare la produttività. Attenzione! Non si tratta di traduzione automatica, come l’orrido Google Translate, bensì di programmi in cui viene importato il file di partenza che poi il traduttore traduce nella lingua di arrivo, salvando ogni frase in segmenti che diventano memorie di traduzione.

Ormai è quasi impossibile lavorare senza un CAT Tool, soprattutto Trados, perché le agenzie di traduzioni lo considerano un requisito preferenziale nella scelta di un traduttore a cui affidare un progetto.

All’inizio ero un po’ scettica, perché pensavo che i CAT Tools fossero utili soprattutto per tradurre testi molto tecnici caratterizzati da tantissime ripetizioni e per garantire l’uniformità della terminologia specifica (un po’ come fanno i glossari).

Certo, costano parecchio (Trados costa diverse centinaia di euro), ma è un investimento profittevole, perché il flusso di lavoro aumenta in modo esponenziale. L’uso della tecnologia è ormai essenziale ed è parte integrante del processo traduttivo.

In alcuni progetti non uso Trados, ad esempio nelle traduzioni per l’audiovisivo, però ammetto che si rivela molto utile anche nelle traduzioni per il turismo, dove la creatività non manca e lo stile è decisamente scorrevole, ben diverso da quello di un manuale d’uso. E quando mi capita di tradurre migliaia di parole, come un progetto di quindicimila parole concluso di recente, un buon 25% di ripetizioni che vengono confermate da Trados perché sono parti che ho già tradotto in precedenza consente di ottimizzare i tempi e aumentare la produttività.

Oggi è difficile che un traduttore professionista possa definirsi tale senza questi due elementi. Che ne pensi?

I miei post sulla vita da freelance

Nel mese di ottobre si celebra la European Freelancers Week, la Settimana Europea dei Freelance. E mentre in molte città di tutta Europa e online si svolgono dibattiti, incontri, seminari e conferenze su questo mondo professionale, ho pensato di condividere in questa pagina tutti i post che ho scritto in questi anni di blogging incentrati sulla categoria dei freelance.

Non si tratta dei post che riguardano strettamente la mia vita professionale di traduttrice freelance, bensì degli articoli relativi alla vita da freelance in generale.

Magari li hai letti già tutti in questi mesi, oppure qualcuno ti è sfuggito. Allora eccoli qui.

Se hai bisogno di motivazione, informazione, consigli, ispirazione o intrattenimento, spero che troverai ciò che cerchi. 😉

E se ti va, puoi lasciare un commento, condividere i post e raccontarmi la tua esperienza sulla vita da freelance. Perché la condivisione e il confronto arricchiscono ogni freelance.

Buona lettura!

Caro freelance, smettila di lamentarti!

In Italia c’è una tendenza radicata difficile da estirpare: la continua propensione al lamento. E in un Paese in cui piangersi addosso e dare la colpa agli altri è una triste abitudine, purtroppo la categoria dei freelance non fa eccezione.

Se sei un freelance, in genere ti confronti con due tipi di reazioni da parte degli altri: o ti guardano con una certa confusione oppure con una vera e propria commiserazione.
E le osservazioni sono sempre le stesse: poveraccio, ma chi te lo fa fare, la Partita Iva è il male, non c’è lavoro, come fai a stare a casa tutto il giorno, datti da fare e trovati un lavoro vero…

Sorvoliamo sul punto di vista della società nei confronti dei freelance e andiamo al punto della questione: il tuo atteggiamento.

Lavorando come freelance, è inevitabile misurarsi con numerosi ostacoli che possono sembrare insormontabili se non vengono affrontati con la giusta motivazione.

Ma a che serve continuare a lamentarsi su ogni aspetto della vita da freelance?

Ti faccio alcuni esempi di situazioni ricorrenti.

Troppo lavoro
In alcuni periodi il lavoro da fare è tanto. Quindi ti lamenti. Nottate in bianco per rispettare le scadenze dei progetti, fine settimana intensi di lavoro, zero tempo libero, vacanze che diventano un’illusione.
Ricorda però che sei tu che hai accettato il lavoro. Hai dato la tua disponibilità al cliente e non è stato qualcun altro a decidere al tuo posto, giusto?
E allora cerca di migliorare la tua gestione del tempo invece di sprecare energie nel lamentarti del troppo lavoro. Se sei un traduttore freelance che deve consegnare una traduzione di decine di migliaia di parole in due giorni, potresti ad esempio dividere il lavoro con un altro traduttore (se è possibile), invece di autocommiserarti.

Poco lavoro
E poi c’è la situazione opposta. Le richieste di preventivi non arrivano, il telefono non squilla, i clienti non ti cercano. Quindi ti lamenti.
E tu? Che cosa stai facendo per trovare potenziali clienti? Perché stai facendo qualcosa oltre a lamentarti, vero?

Le tasse da pagare
Se c’è una cosa stabile nella vita del freelance, si tratta delle scadenze fiscali. E le tasse hanno un peso notevole sul reddito complessivo. Quindi ti lamenti.
Questa situazione gravosa riguarda soprattutto la questione contributiva dei freelance iscritti alla Gestione Separata, la cui aliquota dovrebbe superare il 30% nel 2017. E purtroppo non puoi fare più di tanto per arginare questa pressione, ma spero che avevi già un’idea piuttosto chiara della situazione quando hai deciso di aprire la Partita Iva.

Il ritardo nei pagamenti
Hai emesso e consegnato le fatture ai clienti, che però ritardano nei pagamenti anche se hai lavorato come un matto per rispettare le scadenze richieste. Eppure il bonifico per saldare la fattura tarda ad arrivare. Quindi ti lamenti.
Invece di sfogare la frustrazione sulla tua bacheca di Facebook, spendi due minuti per inviare un sollecito di pagamento al cliente: un’email, una telefonata, una lettera sottoscritta da un avvocato. Cerca di insistere!

Ti capisco, talvolta ti lamenti delle difficoltà riscontrate nella vita da freelance semplicemente per sfogarti. Però ricorda che sei stato tu a scegliere questa professione, nessuno ti ha obbligato.

Il freelance è una figura dinamica che decide di essere pienamente responsabile del proprio destino.

Se hai tempo per lamentarti, hai tempo per cambiare ciò di cui ti lamenti.
A.J. D’Angelo

Conviene aprire la Partita Iva entro la fine del 2015?

Aprire la Partita Iva entro il 2015? Chissà in quanti si pongono questa domanda…

Anche se siamo nel pieno dell’estate e tutti pensano alle vacanze, ad agosto e al mare, spero tanto che, oltre a staccare dal lavoro, l’italiano medio non spenga anche il cervello in queste settimane.

Così mentre in molti pensano alle ferie, io vorrei attirare l’attenzione su un altro argomento, il lavoro, e nello specifico, i regimi di agevolazione dei lavoratori autonomi.

Ne avevamo già parlato a fine 2014, quando è stato approvato il Nuovo Regime dei Minimi o Regime Forfettario, la beffa dei neo freelance.
Ricordi? La differenza sostanziale tra il Regime dei Minimi e il Regime Forfettario è che nel primo si applica l’imposta sostituiva al 5%, mentre nel secondo la percentuale sale al 15%. Inoltre la soglia di fatturato del Regime dei Minimi è pari a 30 000 euro, mentre nel Regime Forfettario va da un minimo di 15 000 euro a un massimo di 40 000 euro, a seconda del tipo di attività.

Aggiungiamo il costante problema per i lavoratori con Partita Iva iscritti alla Gestione Separata. A gennaio 2015 era scattato l’aumento previsto dell’aliquota contributiva dal 27,72% al 29,72%.
Ma il governo ci ha ripensato ed è arrivato il contentino: per tutto il 2015 è stato prorogato il Regime dei Minimi ed è stata ripristinata l’aliquota INPS al 27,72%.

Possiamo stare tranquilli?
No.

Perché al momento attuale l’aumento dell’aliquota contributiva è confermato per il 2016 ed è destinato a salire progressivamente fino al 33%.
Nel frattempo qualcosa si muove, perché pare che con la Legge di Stabilità 2016 si cercherà di bloccare nuovamente l’aumento contributivo, ma il Regime Forfettario sostituirà il Regime dei Minimi.

Sì, tutto questo è un bel minestrone. Allora cosa dovrebbero fare quei cittadini italiani intenzionati ad aprire la Partita Iva? Gli aspiranti freelance hanno millemila dubbi in proposito.

Ma la soluzione è una sola: parlare con un bravo commercialista e valutare la propria situazione personale. E poi attivarsi di conseguenza, perché forse converrebbe avviare l’attività prima della fine dell’anno.

In ogni caso il mio consiglio è questo: non spegnere il cervello, continua a informarti e a tenerti aggiornato sulle novità, perché questi guazzabugli fiscali si ripresentano puntualmente a dicembre scatenando il panico.

Quindi sì, siamo in estate e pensiamo al mare, ma è meglio farsi trovare pronti.